Morì dopo l’intervento: «Il marito non c’entra»

Chiesta l’archiviazione per Massimiliano Tomezzoli. I genitori di Patrizia Rodi si oppongono
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Con la morte della moglie lui non c’entra nulla. Nè sotto il profilo della colpa, nè sotto quello del dolo. Almeno così per la Procura di Brescia, che, invitata ad indagarlo per omicidio volontario, nelle scorse settimane ha fatto espressa richiesta di archiviazione al gip.

Per Massimiliano Tomezzoli, 45enne restauratore di Scanzorosciate, la vicenda processuale che si era aperta nel 2006 con il decesso di Patrizia Rodi, la 33enne antiquaria scomparsa in seguito alle complicanze di una laparoscopia esplorativa eseguita alla Clinica Sant’Anna di Brescia, però potrebbe non finire qui. I genitori della donna infatti si sono opposti alla archiviazione. L’ultima parola spetta al giudice delle indagini preliminari che potrebbe chiedere un supplemento di indagini o disporre l’imputazione coatta dell’uomo.

L’intera vicenda inizia il 14 settembre di nove anni fa. L’intervento al quale Patrizia Rodi si sottopone ha una complicazione: la perforazione dell’intestino. I medici, poi processati per omicidio colposo e assolti, non se ne accorgono. Una volta dimessa e a casa la donna accusa dolori sempre più forti. Il marito, forse convinto si tratti di normale decorso post operatorio, e supportato nella sua convinzione dal parere di due medici, non dà immediatamente peso alla circostanza. Nella notte tra il 18 e il 19, la situazione però s’aggrava, il ricovero di Patrizia al Sant’Anna non è più rinviabile. La peritonite provocata dalla perforazione è a livelli drammatici. Il 13 gennaio 2006 diventa irreversibilei.

Insieme a cinque medici Tomezzoli è indagato per omicidio colposo. Viene prosciolto con tre camici bianchi. Gli altri due imputati saranno assolti in primo e secondo grado. I giudici d’appello sospettano solo di lui e rinviano gli atti alla Procura. Per mettere l’ultima parola che ancora non è detta.

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