Isis, inchiesta bresciana: spunta documento radicale

El Madhi Halili aveva elaborato e diffuso sul web un documento dal titolo «Lo Stato islamico, una realtà che ti vuole comunicare»
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All’arrivo degli investigatori della Polizia ha cercato di nascondere il suo computer in un sottotetto di casa. Parliamo di El Mahdi Halili, l’italiano di origini marocchine arrestato mercoledì a Lanzo torinese nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Brescia su una cellula di reclutatori per l’Isis. Il documento che aveva elaborato e diffuso sul web, «Lo Stato islamico, una realtà che ti vuole comunicare», per il Gip di Brescia Cesare Bonamartini, che ha disposto il suo arresto, ha la «concreta possibilità» di contribuire a «indurre giovani musulmani ad arruolarsi nell’Is, con commissione di delitti in materia di terrorismo internazionale».
 
Tutto è partito da Anas El Abboubi, il perno dell’inchiesta, ragazzo di Vobarno partito per la Siria nel settembre del 2013. Gli investigatori della Digos di Brescia e del Servizio centrale antiterrorismo stanno analizzando il materiale sequestrato nelle perquisizioni in Lombardia, Piemonte e Toscana: dvd, telefoni cellulari, tablet e computer dai quali potrebbero emergere contatti tra i due albanesi arrestati come reclutatori dell’Isis e altre persone non ancora coinvolte nel’inchiesta.
 
El Mahdi Halili, l’italo-marocchino ritenuto l’autore del primo documento di propaganda dell’Isis in italiano, aveva assunto «posizioni estremamente radicali» ed era in «contatto con la filiera albanese di reclutamento» che si occupava di instradare giovani verso la Siria e l’Iraq.
 
Il giudice ritiene che non ci siano dubbi sul fatto che sia proprio Halili l’autore del documento. Lo stesso giovane ne ha rivendicato in Rete la paternità, rispondendo ad un falso profilo Facebook aperto dagli investigatori.
 
«Piacere di conoscerti - affermava Halili in un messaggio audio - ho visto che hai pubblicato il testo sui servizi offerti dallo Stato Islamico; quel testo l’ho scritto io. Mi farebbe veramente piacere - aggiungeva nel secondo messaggio - se lo pubblicassi e lo mandassi in chat a più fratelli possibile, perché è un lavoro veramente importante... Sia per me che l’ho scritto sia per voi che mi aiutate ad espanderlo».
 
La strategia di comunicazione adottata da Halili, scrive ancora il Gip, «ha indubbia capacità di presa sulle giovani generazioni», sui quali «i temi dell’ingiustizia sociale hanno facile presa, al fine di convincerli a recarsi in Siria ed in Iraq a combattere per lo Stato Islamico». Ecco perché, conclude, «la pericolosità e le potenzialità criminali dell’indagato» risultano chiare e la sua «condotta apologetica» è la dimostrazione di «una personalità» connotata da «posizioni estremamente radicali».

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