Eugenia: colpita da un cecchino, serve pizze a Brescia

Eugenia, 23 anni, a Brescia da 7 colpita dalla pallottola sparata da un cecchino di Kiev
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Di tanto in tanto si sfrega il fianco destro: «Ora la paura è passata», dice Eugenia Oleksiyenko, 23 anni, colpita dalla pallottola sparata da un cecchino mentre stava sulle barricate di Kiev, insieme a tanti amici giovani come lei.

Vive a Brescia da 7 anni, con la madre badante in una casa di riposo della città e il fratello Nikita, studente. Studia scienze sociali, il sabato e la domenica lavora in pizzeria. «Uno di quei cecchini - spiega - delle forze speciali dell’ex presidente». Intende dire una specie di pretoriano, pronto a difendere il corpo del capo e a offendere i corpi dei nemici per un pugno di soldi.

«Mi hanno colpita con una fucilata, ai primi di febbraio, di mattina, avanzavamo verso la piazza - racconta - una delle molte dimostrazioni contro l’usurpatore Yanukovich, ho sentito un pizzico al fianco e ho chiesto al mio amico Alexander se avevo qualcosa. Lui si è messo le mani nei capelli. Ero zuppa di sangue, mi hanno preso in quattro e portato in una tenda del soccorso, tra una strada e l’altra della capitale. Mi hanno operato, messo una capsula e un gel speciale. La pallottola è stata estratta, lunga così e un pezzo è rimasta nel mio corpo. Il giorno dopo sono tornata a casa». Squilla il telefono, è Alexander, un coetaneo. «Te lo passo se vuoi - continua - lui è stato colpito molto duramente. Tre pallottole, una gli ha passato la faccia, l’altra il basso schiena e l’ultima l’ha colpito alla mano».

Al telefono di Eugenia, Alexander parla di un dito salvato per fortuna, colpito da una granata: «Vi aspetto, venite da noi. Venite. Sto meglio, speriamo, la mano è compromessa». Eugenia racconta i giorni dello scontro. É una giovane donna leader, sa alzare la voce, spiegare sveltamente, porre domande a se stessa e rispondere, immaginando che dall’altra parte ci sia Putin, «un affamatore», dice o i comunisti, «che ci sono ancora in Russia. Lo dico sempre ad alcuni miei amici studenti. Voi non avete idea di cosa sia il comunismo. E aggiungo che l’Italia fa pochino per aiutare l’Ucraina e che tutto questo è colpa di Berlusconi, amico di Putin. I russi, poi, sono pecore sciocche, non sanno che l’occupazione della Crimea porterà nuova miseria e tasse. Conosco la Russia, i russi vivono da cani e non si ribellano».

É un fiume in piena e per fortuna che non voleva farsi intervistare. Poi un giorno, il nostro fotografo, Gabriele Strada, in pizzeria ha colto un paio di frasi strane ed ora siamo qui, nell’ufficio della New Eden Group a osservare questa giovane donna, di un biondo ucraino, cioè chiarissimo e binario, ad occhi verde celesti, un sorriso aperto e un magliocino elegante con due rose rosse a coprirle un corpo materno.

Leader, Eugenia, con la passione e la suggestione a sentirsi una delle molte eroine dell’Ucraina, «la nostra grande terra per cui siamo pronti a morire. In quei giorni un nostro cantante cominciò una canzone e ci trovammo tutti uniti nella voce. Ecco, mi creda, in quel momento saremmo stati tutti pronti a morire per la libertà dell’Ucraina. Non ci attaccheranno, i russi non andranno oltre, altrimenti sarebbe la terza guerra mondiale». Il padre, assicura, è un pezzo grosso, divorziato dalla madre. Conosce la capitale, parla di diplomazia e di comandi militari, dei nostri carabinieri a difesa dell’ambasciata. «Li conosco bene - conclude - mio padre ha un peso importante in Ucraina. A sei anni io sono stata sequestrata e la sera chi ha tentato di portarmi via per un riscatto l’ha pagata cara. Mio padre è divorziato, ma c’è sempre».

Tonino Zana

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