Crac Mondialfruit, il patron di Telemarket si difende

«Una vicenda surreale»: così Giorgio Corbelli ha definito l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio
Corbelli e Mondialfruit: vicenda surreale
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«Una vicenda surreale»: così Giorgio Corbelli, presidente di Telemarket, ha definito nel corso di una conferenza stampa l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio mossagli dalla Procura di Verona nell’ambito dell’inchiesta sul fallimento della società veronese Mondialfruit.

Lo scorso 11 aprile, ha fatto sapere Corbelli, il Tribunale del riesame di Verona ha ordinato il trasferimento degli atti a Brescia per incompetenza territoriale. «Questo processo, se ci sarà, si farà a Brescia - ha detto -. Non vado a Verona forse da 10 anni».

Corbelli ha poi aggiunto di non conoscere «la società veronese nè i suoi titolari, che hanno ottenuto cospicui fidi dalle banche e poi con quei danari hanno deciso di comprare delle opere d’arte».

Opere che sarebbero state acquistate «non direttamente da Telemarket, ma da un gallerista bresciano, Roberto Agnellini, che ha venduto un certo numero di dipinti a questa azienda veronese tra cui anche uno comprato da Telemarket». Una compravendita che, si è difeso Corbelli, è stata «fatturata e pagata regolarmente». Il dipinto in questione è un Picasso che è stato acquisito da Telemarket a 1,2 milioni di euro e «venduto a 1,4: mi sembra un ricarico assolutamente equo» ha detto il presidente della società con sede a Roncadelle.

Il quadro è stato poi «rivenduto dalla Agnellini arte moderna, se ho ben capito, a 1,7 milioni, un ricarico nella norma. Oggi quel dipinto ne vale 4 o 5 di milioni». «In tutto questo - ha dichiarato Corbelli - non ci sono reati. Non ho fatto nulla: ho venduto con fattura un quadro ad Agnellini. Se un errore c’è in questa vicenda - ha aggiunto - è nell’affidamento all’azienda veronese di quei milioni da parte delle banche».

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