«Cara e inefficace»: raccolta dei rifiuti da cambiare

Porta a porta o calotta? Dossier sul tavolo del Comune: negli anni la spesa per i bresciani è cresciuta senza benefici.
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Una cosa è certa: anche senza l’annunciata rivoluzione nel sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti, il conto per i bresciani continua ad aumentare. Nel 2008 il costo medio per abitante in città era di 130 euro, nel 2013 è salito a 158 euro, con una crescita costante nel corso degli anni. Il tutto, senza che sia salita la produzione procapite di spazzatura. Anzi, è scesa parecchio, passando da 729 chili a circa 667. Con una diminuzione della già scarsa raccolta differenziata: dal 40,3% del 2008 al 38,9% del 2013. 
 
È ormai chiaro che non è possibile andare avanti di questo passo, senza miglioramenti effettivi a livello economico, di gestione del sistema e di sensibilizzazione dei singoli all’importanza (e ai benefici) della differenziata. Anche perché per quest’anno Aprica, la società di A2A che si occupa di raccolta e smaltimento, ha presentato al Comune un preventivo di 28,9 milioni di euro, iva compresa. Nel 2012 la Loggia spese 27,3 milioni: in due anni, il costo è aumentato del 5,4%. Se si considera la raccolta dei rifiuti lasciati fuori dai cassonetti, contabilizzata alla fine dell’anno, il prezzo finale può superare i 30 milioni. Più di quello che si spende, in generale, per capitoli di bilancio come la sicurezza o il macro settore cultura-turismo-sport-commercio.
 
«L’attuale sistema di raccolta a Brescia è inefficace, inefficiente e comporta costi crescenti nel tempo». A scriverlo è Carmine Trecroci, rappresentante del forum delle associazioni per un ciclo di rifiuti sostenibile e, soprattutto, professore associato di Economia politica all’Università degli studi di Brescia. È in questa veste che nei giorni scorsi ha presentato uno studio sui profili economici della raccolta dei rifiuti a Brescia davanti ai capigruppo del Consiglio comunale. Un dossier ora sul tavolo del sindaco, Emilio Del Bono, e dell’assessore all’Ambiente, Gianluigi Fondra, tra i protagonisti della partita in giunta. E contiene indicazioni utili. Ad esempio, sul fatto che in due anni, sempre tra il 2012 e il 2014, il solo spazzamento e lavaggio strade è aumentato di valore del 17%, con oltre 8 milioni di costo. Un’altra particolarità è costituita dal fatto che questa voce pesa per il 30% sulla spesa totale, mentre la media regionale è del 10,5%. Anche la voce raccolta e trasporto sale a 5,9 milioni (+2,9%), mentre il trattamento e smaltimento aumenta del 6,2% e si attesta sui 5,2 milioni. Far sparire l’indifferenziato costa, insomma, anche in presenza di un termovalorizzatore che trasforma il rifiuto in energia, rivenduta agli stessi bresciani.
 
Nello studio si ricorda che per il Comune è prevista una tariffa di incenerimento più bassa rispetto alle altre città lombarde: 64,7 euro a tonnellata contro i 99 euro, ad esempio, di Milano.
Il ciclo di gestione della differenziata ha costi inferiori: la raccolta per materiale vale 4,3 milioni (-0,18%) e per il trattamento e riciclo servono 1,3 milioni, +2,2% sul 2012. Quest’ultima voce, in particolare, è indicata «al netto dei ricavi dalla vendita di materiale». A quanto ammontano questi ricavi? Non è indicato, eppure servirebbe a capire la qualità (e l’utilità) della differenziata fatta attualmente. Scesa, come ricordato all’inizio, al 38,9%. A Bergamo, per non spostarsi troppo, è al 65,7%.
 
Che fare? Il dossier servirà a valutare meglio le proposte di Aprica (fino ad ora pro-calotta, nemmeno troppo velatamente) sul nuovo modello da adottare. Il punto fermo è cambiare, valutando attentamente i profili economici e rivedendo «i rapporti tra Comune e gestore, secondo una rigorosa logica controllore/controllato». Per marcare chiaramente, tra Aprica e Loggia, chi comanda e chi decide.
 
Lo studio di Carmine Trecroci entra anche nel merito delle scelte future. La raccolta a domicilio, Brescia è l’unico capoluogo in Lombardia a non averla ancora adottata, «riduce in media del 10% la produzione di rifiuti totali, sempre più ad ogni anno aggiuntivo. Inoltre aumenta del 7,6% la quota di rifiuti differenziati». Se a ciò si aggiunge la tariffa puntuale, su cui è intenzionato a puntare l’assessore Fondra, «aumenta in media del 12,% la quota di differenziati». La tariffazione puntuale «è la modalità più razionale ed equa di coprire i costi di raccolta e smaltimento rifiuti», dato che «in aggiunta ad una parte fissa, ogni utenza paga in base ai rifiuti indifferenziati realmente prodotti e conferiti».
 
Con la calotta, però, la tariffazione puntuale non viene applicata: per Trecroci è addiruttura impossibile. Come evitare, infatti, che per pagare meno il cittadino getti l’indifferenziato nei cassonetti senza calotta (vetro, carta e plastica) invece che in quelli che ne sono provvisti (indifferenziato e organico)? Senza contare, i problemi emersi nei paesi bresciani in cui è stata scelta la calotta. 
Con la raccolta a domicilio vi sono poi «maggiori ricavi da recupero di plastica e altre frazioni», oltre a minori costi di trattamento e smaltimento grazie a meno rifiuto indifferenziato». Mentre con la calotta, si legge ancora nel dossier ambientalista, «vi è una minore riduzione della produzione di rifiuti ed una raccolta differenziata impura». 
 
Con ogni evidenza, il professor Trecroci è un fautore del porta a porta. Ma non è una prerogativa personale. «I sistemi basati sulla raccolta porta a porta permettono il raggiungimento di livelli più elevati di raccolta differenziata, grazie alla maggior responsabilizzazione dell’utente e alla maggior comodità nel conferimento delle frazioni in modo separato». Differenziata più alta e di migliore qualità: chi lo dice? La Regione Lombardia, nel Piano regionale rifiuti 2014. La calotta (vedi i casi di Castenedolo e Capriano) per il Pirellone «è da considerarsi ancora sperimentale» e sub iudice: per validarla serve prima una «valutazione dei dati di qualità merceologica delle frazioni». Ancora pochi mesi e Brescia deciderà quale strada percorrere. 
 
Emanuele Galesi
e.galesi@giornaledibrescia.it

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