«Capi...» cosa? Brescia sconosciuta ai bresciani

Dov'è il Capitolium? Come si raggiunge Santa Maria in Solario? E la Pinacoteca (chiusa)? Un viaggio tra le indicazioni dei bresciani.
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Scattano foto, annuiscono compiaciuti e commentano in una lingua strana. Dalla Torre di Mezzo guardano il panorama in basso, indicando chiostri, campanili, palazzi e cortili. Sono russi arrivati dal Garda, fanno capire in un inglese arrangiato. Brescia, laggiù, è very good, il Castello beautiful, peccato che i musei nel Mastio e nel Grande Miglio siano closed. È un martedì mattina, giorno sbagliato per vedere la collezione d’armi Marzoli, aperta dal giovedì alla domenica. Per la memoria del Risorgimento, poi, bisognerebbe aspettare fino a venerdì. Non capisco ma mi adeguo, sembra dire l’espressione degli ospiti russi. I quali, nel piazzale della locomotiva, adesso compulsano una guida nell’impresa impossibile di dare il nome alla silhouette dei monumenti là sotto.

PANORAMA Installare un cartellone bacheca con qualche riferimento grafico sarebbe una bella idea per riconoscere le tessere del mosaico cittadino. Il Duomo, San Faustino, le università, le case liberty, le fabbriche, il Vantiniano, i moderni grattacieli. Brescia, insomma, con le strade e i muri stratificati di storia. Che poi le indicazioni non servirebbero solo ai forestieri. Anche i bresciani godrebbero di una bella rinfrescata alla memoria, oppure di un vero e proprio insegnamento. Perché la conoscenza del nostro patrimonio monumentale presenta larghi cumuli di foschia, come quella che stamattina nasconde ai russi le colline di Franciacorta. Parola di turista alla scoperta dei tesori maggiori e allo stesso tempo più ignorati della città. Per trovare il Castello basta guardare in alto; tutti sanno indicare il Duomo o la Loggia. Ma il Capitolium? Le Domus dell’Ortaglia? S. Maria in Solario? Santa Giulia perfino?

IN VIAGGIO Ecco, allora, la cronaca di un viaggio nel centro storico. Senza cellulare con annessi navigatore e google; senza guide, cartine o manuali; senza indicazioni da infopoint. Metti una specie di marziano fuori del tempo, un turista improvvisato che sbarca alla stazione, volendo confidare soltanto sulle informazioni dei locali. Rivolgendosi a ristoratori, baristi, edicolanti, vigili urbani, studenti, commercianti: persone che dovrebbero costituire un punto di riferimento naturale per i turisti. Non per mettere alla prova le nozioni degli interpellati, per giudicarli o dare voti. No. Per capire, semmai, se è percepita la dimensione culturale della città; se c’è coscienza e conoscenza dei luoghi che definiscono la sua identità. Difficile promuovere all’esterno l’idea di Brescia capitale della cultura se, prima di tutto, i suoi abitanti non ne conoscono i tesori.

LA STAZIONE Il nostro turista, intanto, ha l’aria perplessa. L’atrio della stazione non è un bel biglietto da visita per una città che aspiri alla nobiltà culturale. Sporcizia, trascuratezza, negozi chiusi, niente sala d’aspetto, una umanità promiscua. Un’accoglienza fredda, che prosegue nei dintorni della stazione, tra gli afrori dei cibi etnici. Il nostro turista sorvola e punta diritto alla Pinacoteca Tosio Martinengo, preparandosi ad assaporare i suoi capolavori: imperdibili, gli hanno riferito prima di venire a Brescia.

La facciata del Palazzo, in piazza Moretto, è circondata da una palizzata coperta di graffiti. Bella idea, pensa il turista: l’arte di strada sdoganata, che introduce alla bellezza classica. Sulle panchine siedono gruppi di giovani. Neanche un pertugio per entrare nel museo e nessun cartello che spieghi alcunché. «Chiuso ancora per ferie?» azzarda il forestiero. La risposta è un coro dei ragazzi: «Macché, è sempre chiusa!» Fino al 2018, almeno. E i quadri? «Sono a Santa Giulia» dice uno. La più grande area archeologica romana del nord Italia, un gioiello da vedere, anticipato dal Capitolium.

Prima tappa esplorativa, un ristorante dalle parti di via Cavour. A domanda il gestore risponde: prende un biglietto da visita del locale che sul retro riproduce la mappa del centro storico e con due tratti di penna traccia la via per il Capitolium. Ci vuole una lente di ingrandimento, ma la direzione da memorizzare è chiara. Del resto, anche volendo, il turista non potrebbe studiarsi la cartina realizzata dal Comune con indicati i monumenti: negli esercizi pubblici non c’è. Tanto meno ce l’ha l’edicola dove il nostro visitatore chiede conferma sulla strada giusta: «Il Capi cosa? Provi più avanti, sotto i Portici di corso Zanardelli, domandi lì».

Nell’atrio dell’Università Cattolica un gruppo di studentesse sgrana gli occhi incerto. Il Capitolium dovrebbe essere dalle parti del Foro Romano, butta lì il turista. «Ah, ecco»: a questo punto arrivano sorrisi e indicazioni precise. Gentili. Come cordiali sono i due ragazzi del Gambara in bici, in piazza S. Maria Calchera: andando diritti, informano, si sbatte in faccia al Capitolium. Che è proprio bello. Peccato il cantiere nel vicino Teatro Romano: questione di giorni, riferisce un passante al turista, e poi il monumento sarà visibile. Così, almeno, ha garantito il Comune.

DESIDERIO Anche Santa Maria in Solario è una meta obbligata. L’oratorio che ospita la Croce di Desiderio, simbolo del complesso monastico romano-longobardo dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Moneta sonante per il turismo, roba da inorgoglire chiunque. A sentirlo nominare un ristoratore resta a bocca aperta e suggerisce la soluzione digitale: «Cerchiamo Santa Maria in Solario su google». No, così non vale. Un suo collega, a pochi passi dalla meta, resta sul vago: «La Croce di Desiderio? Forse nella zona romana». Il barista vicino a piazza Loggia sfodera uno sguardo sorpreso: «Mai sentita Santa Maria in Solario. Però i monumenti principali sono in via Musei». Un avventore soccorre il turista: «Sì, mi pare sia vicina al Foro Romano». Meglio chiedere ad una vigilessa sotto Palazzo Loggia: seria, professionale, non sbaglia un’indicazione.

LE CHIESE Ma nel dedalo delle vie si può perdere l’angolo giusto in cui girare, anche perché i cartelli sono minuscoli, talvolta imbrattati, comunque rari. Un’altra edicolante non aiuta a ritrovare la meta: «Ci sono tante chiese a Brescia, non le conosco tutte. Vada avanti, dovrebbe essere la prima chiesa di via Musei». Il forestiero obbedisce e si infila in Santa Maria della Carità. Una scoperta fuori programma, una chiesa stupenda, restaurata di fresco, ma non è Santa Maria in Solario: «Quella si trova nel complesso di Santa Giulia, in fondo alla via» spiega la guida all’ingresso. Avanti lungo la strada, cercando una conferma. Il vigile urbano fermo in piazza del Foro dovrebbe essere la persona giusta. Dovrebbe. «È qui in giro. Vediamo, forse da questa viuzza, provi verso Santa Giulia». Disponibile, ma approssimativo. Come la panettiera dalle parti di piazza Loggia quando si sente chiedere la direzione per le Domus dell’Ortaglia: «Mai sentite nominare». Forse sono in via Musei, ipotizza un’anziana cliente. Di una cosa i bresciani sembrano sicuri: che tutto quanto ha un nome latino o ricorda il passato si trova dalle parti, appunto, di via Musei.

Giusto, anche se un po’ vago. Il nostro turista si infila in una libreria, riferisce alla giovane commessa di avere due ore libere e chiede cosa potrebbe visitare a Brescia. Risposta pronta: Santa Giulia e il Foro Romano, lì nei pressi. Fornisce le indicazioni esatte. Lo stesso consiglio gli viene dato altrove, su in Castello. No, non dalle guide o dal personale dei musei: è martedì, tutto chiuso. Dal ragazzo del bar nel piazzale di ingresso. Preciso nell’indicare persino le alternative per S. Giulia: il percorso breve o quello lungo per ammirare le vie del centro storico. Vada per il secondo. Davanti al Foro ci sono i russi scesi dal Castello. Nel loro inglese scolastico chiedono al turista dove sia Santa Giulia. Risposta pronta e bella figura assicurata.

Enrico Mirani

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