Buffalora, costretti in casa dalla puzza

Vampate di odore di catrame che dà fastidio alla gola e fa venir mal di testa. Raccolte centinaia di firme.
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Altro che godere il più possibile dell'inconsueta coda d'estate prima che la stagione cambi davvero. A Bettole e Buffalora molte persone rifuggono l'aria aperta nonostante il sole e la temperatura tutt'altro che autunnale di questi giorni. Motivo? Un odore di catrame contro il quale sono state raccolte centinaia di firme. E sulla cui origine l'Arpa sta indagando.

Tutto comincia un paio d'anni fa, secondo le testimonianze di alcuni residenti, in particolare madri di famiglia preoccupate per i loro bambini. «Da aprile in poi, per tutta l'estate, la situazione è invivibile - riferisce Sandra nella sua casa con giardino purtroppo poco utilizzato -. In certi momenti della giornata, soprattutto nella tarda mattinata e nel primo pomeriggio, percepiamo una puzza così forte da dar fastidio alla gola e far venire il mal di testa. Finisce che rinunciamo a star fuori e chiudiamo le finestre». Conferma Donatella, sottolineando che «il problema esiste anche d'inverno, ma nella stagione fredda si sopporta meglio perché la vita all'aperto è più ridotta».

Addirittura si racconta che alla scuola elementare di Buffalora, la «Bellini», una maestra avrebbe impedito ai bambini di uscire durante la ricreazione. Ma l'episodio non trova riscontro, anzi: proprio ieri il nuovo direttore di Servizio amministrativo dell'Istituto comprensivo Est 3, Mariangela Loda, ha fatto un sopralluogo nei diversi plessi, e assicura di non aver ricevuto alcuna segnalazione al riguardo.

Anche in farmacia la questione viene ridimensionata - «quando il fosso qui di fronte era aperto capitava di peggio» -; ma appena fuori, davanti alla chiesa, due signore di passaggio rincarano la dose: «Sono come delle vampate... quando arrivano e noi stiamo arieggiando la casa dobbiamo subito chiudere le finestre, e l'odore resta dentro». Del problema - che riguarda una zona ampia, al di là e al di qua del ponte di via Serenissima - si è fatto carico il Codisa (Comitato difesa salute e ambiente) promuovendo due raccolte di firme: una l'anno scorso e una quest'anno con la quale si è raggiunto il numero di 530. «Le abbiamo inviate al Comune e alla Provincia, all'Asl e all'Arpa, ma soltanto quest'ultima ci ha risposto: dalle istituzioni ci sentiamo abbandonati», dichiara Valerio Beccalossi.

Da parte sua, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha avviato una ventina di giorni fa «uno studio razionale» per capire la sorgente della puzza e, di conseguenza, «quale sia l'intervento davvero in grado di risolvere la questione», spiega il direttore del dipartimento di Brescia, Giulio Sesana. Il fatto è che «nel quartiere ci sono parecchie possibili sorgenti, ovvero stabilimenti con attività produttive che possono causare odori uguali o simili a quello lamentato».

Ma, poiché l'odore va e viene, si tratta anche di individuare la fase tecnologica sulla quale intervenire. Insomma, il lavoro non sarà semplice. «Ci vorranno due o tre mesi - conclude Sesana - e soltanto dopo questo tempo gli elementi raccolti (anche attraverso campionatori fissi per la raccolta di polveri, aldeidi e sostanze organiche volanti) saranno trasmessi all'Asl».
Francesca Sandrini

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