A otto anni dalla mattanza, ergastolo annullato

La Cassazione dà un’altra chance a Vito e Salvatore Marino: un terzo appello a Milano per l'omicidio Cottarelli
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Il verdetto arriva a mezzanotte e qualche minuto. E rimette per l’ennesima volta tutto in discussione. La Corte di Cassazione (Quinta sezione penale) annulla con rinvio ad altra sezione della Corte d’assise d’appello di Milano la condanna all’ergastolo pronunciata nel giugno dello scorso anno a carico di Vito e Salvatore Marino.

Al verdetto i supremi giudici sono arrivati dopo otto ore abbondanti di camera di consiglio. Erano infatti le sedici di ieri quando si ritiravano per decidere delle richieste formulate dal sostituto procuratore generale, dai legali di parte civile (gli avvocati Sergio Arcai e Stefano Forzani) e dai difensori (gli avv. Giuseppe Pesce e Filippo Dinacci).

A otto anni dalla mattanza scoperta nella taverna della villetta di via Zuaboni ad Urago Mella la giustizia italiana fa nuovamente un passo indietro: per la morte di Angelo Cottarelli, della compagna Marzenna Topor e del loro unico figlio, il 17enne Luca, non c’è ancora un colpevole certo.

Per la terza volta i giudici di appello dovranno valutare la responsabilità di Vito e Salvatore Marino, i due cugini di Paceco, nel Trapanese, arrestati il 15 settembre del 2006 dalla Squadra Mobile di Brescia, in seguito alle soffiate del sedicente architetto triestino Dino Grusovin.

Secondo l’accusa i due erano arrivati ad Urago Mella, armati di una calibro 22, alla disperata ricerca di denaro, perché sapevano che qui, in casa del faccendiere bresciano, potevano trovarne in abbondante quantità. Una volta in azione però i due si erano fatti prendere la mano. Partito il primo colpo così si erano trovati nella necessità di mettere a tacere i testimoni: oltre a Cottarelli, la sua compagna e loro figlio. Per l’accusa a riprova di questa ipotesi le parole di Grusovin e diversi elementi di prova: dalla testimonianza di alcuni vicini di casa, alla presenza di tracce di particelle di polvere da sparo tanto sulle auto utilizzate per raggiungere Brescia, quanto sul teatro del triplice omicidio.

Pierpaolo Prati 

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