Via le Province e subito dopo via le Regioni

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Il Presidente Maroni ha dichiarato di voler ridefinire l’assetto delle nuove Province della Lombardia, le cosiddette aree vaste, in tre grandi aree omogenee: tutta l’area montana, quella metropolitana, quella agricola e di pianura. Ovvero una torta a strati con la panna montata sopra. Aree omogenee per le caratteristiche fisiche del territorio, a prescindere dalla storia che ha inciso profondamente sulla sua organizzazione attuale. Se è necessario superare i confini provinciali, in realtà lo è per molte questioni ambientali, le grandi aggregazioni di Comuni non possono non tenere presenti, oltre allo sviluppo morfologico, anche l’organizzazione sociale e il sistema dei servizi, che storicamente si sono sviluppati dalle valli alla pianura. Ammesso che si condivida di costruire, ma in modo serio, queste grandi aree, una questione si presenterebbe: a cosa servirebbe mantenere l’istituzione Regione? A questo punto potrebbe essere tranquillamente abolita, rimanere una semplice espressione geografica e non più quell’enorme apparato di spreco di risorse pubbliche che è diventata assieme a tutte le Regioni italiane. Serve una profonda e strutturale riforma dello Stato e delle Autonomie locali. Oggi invece assistiamo a disorganici e caotici interventi; dalla farsa dell’abolizione del Senato da parte del governo Renzi, alla mortificazione delle realtà comunali da parte del governatore lombardo, il quale, con la riforma sanitaria, ridefinisce in modo clientelare ambiti territoriali delle strutture sanitarie, così come, in modo clientelare, riserva alla Regione le competenze in materia di agricoltura... Alcuni politici, che valutano positivamente la proposta di legge per le «nuove Province» presentata dalla giunta regionale, investono aspettative circa una nuova attenzione ai propri territori e ai propri Comuni di riferimento. Essi dimenticano che sono state le politiche di Regione e Provincia ad aver trascurato e mortificato la volontà delle amministrazioni locali: ieri con la Brebemi, affossando un progetto alternativo di viabilità, non invasivo e meno costoso, proposto dai Comuni dell’Ovest Bresciano e della Bassa Bergamasca, oggi con la Tav nel tratto Brescia-Verona, che comporterà la distruzione di vaste e pregiate aree agricole per costruire un inutile collegamento ad un aeroporto inattivo, senza curarsi di ascoltare la voce di Comuni ed associazioni ambientali che propongono soluzioni alternative, capaci di salvaguardare l’ambiente e migliorare il trasporto pubblico. È lampante che alcune scelte sono state dettate da interessi economici che hanno trovato l’appoggio di alcuni politici, accondiscedenti. A questo punto è indispensabile cambiare registro, e noi possiamo farlo anche in Lombardia. Giuseppe Lama consigliere provinciale Simone Zuin coordinatore provinciale Sel

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