Vendere il Bigio e preferire arte moderna

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Dirigo un’associazione culturale, con spiccata vocazione teatrale, abbastanza nota in questa città e le scrivo a nome degli associati per avanzare una proposta che, nelle intenzioni, vorrebbe guardare oltre la tregua armata tra contrapposte posizioni sulla opportunità di ricollocare la statua del «Bigio» nella piazza della Vittoria. L’attesa, potrebbe essere l’occasione per porsi delle domande su chi e che cosa debbano rappresentare, su chi e che cosa debbano celebrare: i monumenti, le statue e in genere le opere d’arte che arredano piazze e giardini di questa bellissima città. Se, come sospettiamo, queste opere hanno la funzione di rappresentare e di celebrare la Città tutta e in suo nome, la conquista, anche dolorosa, dei valori che uniscono; se, ancora, hanno lo scopo, non meno importante, di porre domande e suggerire risposte sul destino comune dei suoi cittadini, allora bisogna che il «Bigio» resti nella penombra dei laboratori di restauro o venga sacrificato (messo in vendita) sull’altare del bene comune. Occorre, a nostro parere, puntare su opere nuove che abbiano la forza di unire, pacificare, che abbiano la grazia di curare, restaurare... il concetto stesso di Comunità. Opere altamente simboliche. Ovvero, opere che s’impongano per la potenza raggiante del simbolo di cui sono portatrici e non per meste e storiche e annoiate e opportunistiche motivazioni di chi governa oggi o di chi governerà domani. Non chiedeteci, non chiedete di scegliere per chi parteggiare. Piuttosto, si chieda ai cittadini che responsabilmente riflettano su quali simboli uniscano e quali dividano; li si inviti ad avanzare idee e promuovere progetti che celebrino la città «virtuosa» che s’interroga sul proprio destino; progetti che li colpiscano; opere che urlino: attenzione! De re tua agitur! Progetti, opere, che parlino alla mente e al cuore di tutti e di ciascuno, insomma. I cittadini sono peraltro avvertiti che non sempre ciò che divide è male e ciò che unisce è bene, ma sanno anche che la cosa da aborrire è l’indifferenza. Dunque, anche se nessuno ci ha chiesto un parere, o sollecitato un contributo di idee, grazie alla sua ospitalità, abbiamo una proposta da fare. (A ben guardare, però, è davvero deprimente per chiunque si occupi di cultura e d’arte, non essere mai interpellato! Ma dove mai attingeranno notizie sullo stato della Cultura, e cosa mai racconteranno al Principe questi funzionari, spediti ai quattro angoli del regno a visionare i luoghi della produzione culturale e testare la febbre dell’arte? Diranno che L’Incompiuta di Schubert era ovvio che lo fosse, dato il procedimento errabondo ed estatico, che non poteva non approdare che ad una smisurata «divina lunghezza»?; e quali rimedi proporranno? Entreranno nel Parnaso con la precisa intenzione di tenervi un seminario per insegnare alle Muse come gestire le risorse finanziarie e il personale?). Proponiamo dunque di collocare sul basamento già predisposto, una scultura in bronzo di Giovanni Marconi intitolata Planet (immagine fotografica). Chi sia Giovanni Marconi è secondario: egli è tutti noi. L’opera ha la forma di un ostensorio: quell’arredo sacro del rito cattolico usato per esporre all’adorazione dei fedeli l’Ostia Consacrata; la raggiera è composta da quattro bande circolari concentriche che poggiano su di una sfera che a sua volta ha il perno in un mare appena mosso. Il primo cerchio racconta storie di sangue distruzione e morte nelle quali spicca la particolare efficienza dell’uomo quando a prevalere è la sua natura bestiale; piove nel secondo cerchio disseminato di ali che l’acqua purifica ricordando all’uomo quel che resta della sua natura celeste; la terza fascia circolare ci mostra gli ordinati movimenti astrali con la terra al centro circondata da rose e illuminata dalla stella della sera; il quarto cerchio è una finestra tonda e vuota aperta verso... Una storia dell’evoluzione umana dallo stato ferino all’estasi, o se si vuole... Qui ci fermiamo: non è saggio infatti forzare la serratura dei simboli... Chi volesse vedere il bozzetto, lo trova in San Desiderio, via G. Rosa, 4, 030 2400060, sede dell’Associazione che dirigo.

Antonio Fuso per Scena Sintetica
Brescia

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