Va sempre difesa l’autonomia dei medici

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Alla ripresa delle attività, dopo la pausa ferragostana, ci preme tornare sulla «Vicenda Stamina» per fare due considerazioni. La prima riguarda l’opinione più volte espressa da alcuni medici che hanno giustificato il loro coinvolgimento nelle infusioni in quanto queste erano state, sempre indirettamente, oggetto di ordinanze della Magistratura. La posizione dell’Umi è sempre stata chiarissima. Le ordinanze non hanno mai direttamente coinvolto i singoli medici, ma la struttura ospedaliera, e più recentemente alcuni professionisti con ruolo organizzativo. Abbiamo sempre detto che i medici godono di autonomia tecnico professionale (posizione accettata dal Direttore Generale dell’A.O. «Spedali Civili» di Brescia dott. Ezio Belleri) e neppure la propria Azienda può imporre di eseguire una terapia o comunque una cura se tale si può considerare il «metodo Stamina». Questa autonomia del medico nei confronti dell’apparato politico amministrativo vale anche per la Magistratura. Un medico non deve subire l’imposizione di una terapia da parte di un Giudice e quindi è del tutto legittimato sotto il profilo deontologico di rifiutarsi ad eseguire una terapia anche se fosse ordinata dalla Magistratura. Pensare per un solo momento che un medico possa essere condizionato nella sua attività professionale sarebbe la fine di quella libertà che è alla base del rapporto di fiducia tra medico e malato. In altri termini la richiesta di alcuni malati di ottenere le infusioni con il «metodo Stamina» perché ordinate dalla Magistratura è una richiesta inaccettabile. L’Umi intende difendere questa libertà per i medici e per i malati e vorremmo che questo impegno fosse prioritario per tutti compreso l’Ordine dei Medici. Per assurdo è più coerente la posizione di quei medici che sostengono di credere nel «metodo Stamina» (vedi il presidente dell’Ordine dei medici di Trapani) e decidono di eseguire le infusioni per una loro convinzione professionale e non perché ordinata. Certo anche questi medici sono contestabili perché utilizzano un metodo privo di validazione scientifica e fuori da una corretta sperimentazione e per giunta non essendo noto, con precisione, il contenuto delle infusioni (cura segreta). La seconda riguarda la decisione del gip di Torino, su richiesta della Procura, che ha fatto sequestrare dai Nas i preparati cellullari e le apparecchiature utilizzate presso l’A.O. «Spedali Civili» di Brescia per le infusioni onde evitare una continua reiterazione dei reati ipotizzati sulla base delle ordinanze di alcuni magistrati. La decisione è stata valutata negativamente dai malati in attesa delle infusioni e dallo staff di «Stamina». Per l’Umi pare una decisione coerente con l’azione giudiziaria intrapresa dalla Procura di Torino e sui pesanti capi di accusa che la stessa ha mosso nei confronti dei 13 rinviati a giudizio, medici compresi. Evidentemente se così non fosse stato si sarebbe permesso agli altri soggetti (in alcuni casi si tratta degli stessi soggetti con reiterazione di pesanti reati), operanti le infusioni successivamente alla chiusura delle indagini, di continuare ad operare liberamente senza subire l’azione penale e ciò al contrario di coloro che essendo perseguiti per gli stessi fatti, compiuti in precedenza, si sono voluti astenere (vedi i medici dell’A.O. «Spedali Civili» di Brescia) per motivi di opportunità legati alla loro difesa giudiziaria. Cav. dott. Francesco Falsetti Presidente Umi Brescia

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