Una storia a lieto fine e qualche utile riflessione

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Alcuni giorni addietro ha pubblicato sulla sua rubrica una mia lettera in cui narravo un esemplificativo episodio di «malfisco», tra i molti la cui notizia giunge alla segreteria della nostra associazione. A seguito della lettera il malcapitato contribuente venne contattato ed invitato, unitamente al sottoscritto, presso la Direzione Regionale dell’Agenzia delle entrate a Milano: nella persona del direttore, dr. Eduardo Ursilli, gli venne consegnata la cartella di sgravio, con le scuse del direttore, e illustrato il motivo dell’errore, un mancato collegamento informatico, cui il direttore assicurava stavano già ponendo mano. Fu quella però anche l’occasione per una interessante analisi, data l’autorevolezza dell’interlocutore, sullo stato del fisco in Italia, sul suo rapporto con il cittadino, sul rapporto del fisco stesso con il potere legislativo: ne nacque un’interessante disamina a più voci, durata oltre un’ora. Ne riassumo di seguito le principali conclusioni che ne sono state tratte, non sempre con la piena unanime condivisione delle parti coinvolte. Le riassumo per punti: la complessa macchina dell’Agenzia delle entrate spesso affronta una normativa primaria e secondaria complessa e contraddittoria, di difficile unanime interpretazione, ciò genera spesso contenzioso; l’Agenzia delle entrate spesso dialoga allo sportello con un pubblico di cui lamenta la scarsa preparazione (ma se la materia può essere complessa per un funzionario, s’immagini per un cittadino che svolge ben altro mestiere!); l’Agenzia ha da tempo avviato un approfondito dialogo con le associazioni coinvolte (commercialisti ed industriali): non pare che tali incontri poi generino le semplificazioni significative auspicate; la pressione di alcuni governi (Berlusconi con la gestione Tremonti e Monti) nel recupero alla lotta all’evasione hanno generato l’utilizzo di strumenti (uno per tutti il redditometro) rivelatisi inefficaci, a volte producendo inutili vessazioni su contribuenti del tutto in regola con il solo risultato di inasprirne gli animi. È necessario a tal proposito, a parere di questa associazione, ribadire con forza un principio ineludibile: la sacrosanta lotta all’evasione deve essere compiuta in modo selettivo, colpendo chi evade e semplificando nei confronti dei cittadini corretti. Oggi accade l’esatto contrario: colpirne cento per educarne uno. Ciò è inaccettabile; deve essere comunicata maggiore analicità dei dati da parte della Guardia di Finanza sul recupero dell’evasione: nell’ascoltare gli ormai sistematici «spot» televisivi nel corso dei telegiornali, nasce spesso il sospetto che vi siano compresi numeri non omogenei. Troppe infatti sono le indicazioni che giungono alla nostra associazione di indagini «strumentali» che poi per opportunità finiscono in transazioni che permettono di dichiarare un recuperato da evasione che tale non è, ma solo il «recupero» riveniente da un mero calcolo di opportunità del contribuente onesto cui costa di più il difendersi in una giungla normativa che un’onerosa (ma comunque iniqua) transazione. Infine un’obiettiva constatazione di fondo: il dettato legislativo in materia fiscale riveniente dalla nostre Camere (e relativi Ministeri) è sovente confuso, pasticciato, contradditorio con la normativa precedente, dettato dalla fretta dell’attimo dovuto dall’impulso momentaneo ed emotivo dell’opinione pubblica, ascoltata spesso senza discernimento e visione di lungo dal politico. Ed ancora una volta si pone il problema dei problemi: la qualità della nostra classe dirigente scelta, anche nell’ultima campagna per le elezioni politiche, quasi esclusivamente con il criterio dell’appartenenza e non quello della competenza. E non inganni l’utilizzo del criterio della giovane età: fumo negli occhi per coprire, anche nella nostra città, criteri di clan e non di servizio al paese, al di là delle fastidiose ed altisonanti dichiarazioni di rito. Che anche questa volta non mancheranno. Federico Cancarini Libertà Eguale

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