Torni in piazza con la stretta di mano tra Paroli e Del Bono

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Mi permetto di offrire ai suoi lettori alcune riflessioni sull’intervista al Sindaco di Brescia che il giorno 17 aprile 2014 è stata pubblicata su codesto Giornale. Il tema è la ricollocazione della scultura del Dazzi in Piazza Vittoria. Il Vice Sindaco è (giustamente) «inorridita» dalla prospettiva di qualsiasi soluzione diversa dalla suddetta ricollocazione. Il Sindaco, invece, pronuncia un bel «no», all’apparenza inappellabile, adducendo, sostanzialmente, i seguenti argomenti: 1) quello spazio non deve diventare «luogo e sede di scontri, divisioni»; 2) la città «ha ben altre sfide e ben altri problemi»; 3) la statua del Dazzi «è un tema del tutto marginale»; 4) sarebbero stati i precedenti assessori «a conferire una connotazione politica al Bigio, riproponendolo di fatto come simbolo fascista». Chiosa, dichiarando che è contrario, persino, ad un pubblico dibattito, invitando la Giunta «a confrontarsi al suo interno», a partire dal prossimo mese di giugno, con l’obiettivo di collocare altrove la statua. Consideriamo il primo argomento. Il Sindaco paventa lo scontro in città, ai piedi della statua. In realtà, lo scontro è, soprattutto, interno alla Giunta. Perché, se è vero che il Sindaco riferisce di non avere, al riguardo, una pregiudiziale ideologica, è altrettanto vero che una parte della sua maggioranza resiste, culturalmente e politicamente. È la stessa parte che, all’approssimarsi dell’appuntamento elettorale, coglieva l’occasione per rinnovare una battaglia, questa sì tutta ideologica, all’ombra del Bigio. Per quel motto che avvelena ancora i pozzi della discussione, e cioè quel: «Resistere, resistere, resistere», con il quale si intende delegittimare moralmente l’avversario. E veniamo così al secondo ed al terzo argomento. È vero, la città ha anche altre questioni da affrontare (l’emergenza sociale, in primis), ma il dibattito culturale non è affatto un «tema marginale», come vorrebbe liquidarlo il Sindaco. La pretesa marginalità della questione è solo il tentativo di non ulcerare la frattura culturale che attraversa la maggioranza. La democrazia, invece, non significa affatto evitare il conflitto, per non pagarne un prezzo politico. Al contrario: la democrazia significa un confronto dialettico, attraverso il quale far maturare una posizione (inevitabilmente) di maggioranza, che la minoranza, per quanto coesa, deve saper accettare; anche - perché no - grazie ad un pubblico dibattito. Se la maggioranza della città è fatta di un costume di moderazione, ebbene, non si vede per quale ragione questo costume debba essere mortificato. Sorprende, quindi, che sia proprio il Sindaco a trascurarlo. Quanto, poi, al quarto argomento, premesso che, a mia memoria, la polemica era deliberatamente innescata in campagna elettorale (mentre i lavori di recupero della Piazza e della statua erano già in corso da mesi, senza professioni di fede fascista), ammettiamo, per ipotesi, che la statua del Dazzi - che tutti, a Brescia, conoscono soltanto come «Bigio», e che non rappresenta più nulla se non un’opera d’arte - sia un pericoloso simbolo fascista, un’apologia della dittatura. Ammettiamolo. Ma, allora, non potrebbe essere collocata da nessuna parte. Anzi, per essere coerenti con questa tesi (che alberga nel seno culturale della Giunta), la statua andrebbe distrutta, a nulla valendo che siano stati spesi i soldi per il suo restauro. Sarebbe, infatti, un’irriducibile contraddizione dire e concludere: è un pericoloso simbolo fascista, è un’apologia della dittatura, ma, siccome è stata restaurata, la esponiamo lo stesso. Forse che collocarla a Campo Marte ne diminuirebbe il portato ideologico? Assolutamente no. Mi si permetta ancora: non adduciamo ad argomento la strage di Piazza della Loggia, Signor Sindaco, che non è e non può essere un tema di divisione; non strumentalizziamola nella cucina della politica. Piuttosto: facciamo della ricollocazione della statua, con un’opportuna didascalia sulla retrospettiva storica, un momento di pacificazione definitiva; la ricollochi il Sindaco insieme al predecessore Paroli, dandosi loro, pubblicamente, quella stretta di mano che, al passaggio di consegne, è - forse - mancata, e spiegando loro alla città il valore aggiunto, per tutti noi, di un reciproco riconoscimento. Avv. Filippo Maria De Stefano Grigis Brescia

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