Storia di freddo e accoglienza nei rifugi

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Compagna e fedele in tutte le mie, ormai nostre, avventure io e la mia cagnolina Athena (segugio Svizzero di 7 anni), come tante altre volte domenica 8 febbraio in sci d’alpinismo risaliamo la cima Guglielmo. Arrivati al Redentore rifocillati nel rifugio invernale e coperti a dovere considerato l’abbassarsi della temperatura e montare del vento, senza perdere altro tempo siamo ridiscesi dove all’altezza degli Stalletti alti ci ha avvolto una bufera di neve alzata dal fortissimo gelido vento. Impossibilitati a proseguire per pochissima visibilità per ripararci ci siamo accovacciati un tempo necessario (4/5 minuti) affinché calassero le raffiche di vento. Pochi minuti, ma quanto è bastato che Athena ha iniziato a perdere le forze e la capacità di camminare e ricoperta da folto strato di neve sul corpo. Con gli sci ai piedi e tra le braccia il cane, ho percorso il tratto fino sopra la seconda ripida salita (quella che noi bresciani chiamiamo Ratù) dove date le difficoltà a mantenere la posizione con gli sci ho continuato il percorso a piedi. Tra la fatica e la disperazione nel vedere la mia fedele cagnolina che man mano passava il tempo scorgevo i segni del congelamento con (zampe viola e chiusura degli occhi fino all’abbandono), con grande sforzo e perdite di energia riuscivo ad arrivare alla malga Orsetto (Stalletti bassi) dove dallo sfinimento mi accasciavo a terra per riprendere fiato, mentre un gruppo di alpinisti si occupavano di Athena cercando di animarla con massaggio e coprendola con una giacca a vento. Rimessi gli sci e con il cane in braccio siamo scesi al rifugio Valtrompia, in località Pontogna meta tanto sognata da oltre due ore dove speravo di trovare ristoro e ridare vita ad Athena. Frequento l’ambiente da anni, mai ho chiesto di portare il cane nel rifugio, ma vista e considerata la situazione, gentilmente aperta la porta avvicinatomi al bancone esponevo le condizioni mie e quelle del cane chiedendo se era possibile entrare per riscaldarci a fianco della stufa. Per educazione e rispetto non riporto la maleducata e aggressiva risposta ricevuta dalla Signora dietro il bancone che alzato il braccio mi indicava l’uscita insinuando che il cane nel locale gli avrebbe fatto chiudere il ristorante; nemmeno fossi stato in un hotel a 5 stelle (ma lì, anche se non ancora tutti, accettano gli animali). Non avevo forze per rispondere e far valere le mie ragioni, ma soprattutto non volevo perdere ulteriore tempo per salvare la mia sempre fedele compagna, mentre un gruppo di Signori vista la sceneggiata lasciavano il locale per aiutarmi. Preso dalla rabbia in corpo e recuperate le ultime energie ho ripreso Athena in braccio e con gli sci ai piedi ho percorso l’ultimo tratto alla macchina dove coperta e rifocillata con un gel integratore ha iniziato a riprendere coscienza. Tutto bene quel che finisce bene; ma quale considerazione! Mi rivolgo ora al Cai (Club alpino italiano), al suo presidente, all’Associazione Animali e a quanti hanno una coscienza nel rispetto della persona e degli animali. Il rifugio come dice la parola dovrebbe essere un ambiente atto a dare rifugio sollievo a coloro che ne necessitano bisogno in caso di emergenza. Ormai da qualche anno questi ambienti sono diventati luoghi esclusivi gestiti a conduzione di hotel e ristoranti perdendo ogni senso della natura per quanto sono stati concepiti. Non molti anni fa siamo (eravamo un gruppo di alpinisti) stati accompagnati alla porta in quanto il gestore rifugista alle ore 14 del pomeriggio d’agosto «doveva andare a dormire»! Malgrado l’incresciosa accoglienza ricevuta rimango positivo e propositivo e chiedo allora se non è troppo reinserire nella didattica tra i tanti corsi proposti dal Cai a tutti i livelli e nella scuola italiana quella materia ormai dimenticata Educazione Civica. Colgo l’occasione per ringraziare ed abbracciare quanti hanno saputo darci sostegno in questa avventura. Pierre Capriano del Colle

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