Sanità, il decreto avrà pesanti conseguenze

MEDICI
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Leggo sul «Giornale di Brescia» molti commenti al decreto legge n.78 del 31 maggio 2010, di non facile lettura, di stabilizzazione finanziaria e devo confermare che non poche saranno, contrariamente alle dichiarazioni governative, le conseguenze negative sulla Sanità Pubblica ed in particolare sull'attività del personale medico dirigente (oltre 100mila soggetti) e convenzionato (circa 60mila soggetti) che sono, non dimentichiamolo, i principali attori dell'assistenza sanitaria.
Tra le misure ricordo:
- blocco dei contratti 2010/2012;
- blocco delle progressioni economiche (mai automatiche per i medici) sino al 2013;
- blocco del turnover all'80%;
- blocco subtotale delle assunzioni a rapporto precario;
- decurtazione dei trattamenti del 5/10% oltre i 90/150.000,00 euro;
- rateizzazione delle liquidazioni.
A queste misure se ne aggiungono delle altre di minore rilevanza.
Un quadro molto pesante sia economico che normativo che vorrei commentare per alcune delle principali conseguenze che porteranno i medici ad inevitabili azioni di sciopero.
Vorrei subito ricordare che la riduzione del personale porterà in molte realtà ospedaliere ed aziendali ad una ulteriore difficoltà ad usufruire dei vantaggi sociali per l'assistenza ai figli e alla maternità con l'inevitabile conseguenza negative sulla vita famigliare e sulla procreazione non certo ottimali in Italia.
Il blocco dei contratti e della progressione economica penalizza tutti gli operatori, ma in particolare i più giovani che hanno stipendi d'ingresso molto contenuti. Ciò è particolarmente grave per i medici che arrivano alla prima assunzione intorno ai 30/35 anni essendo il periodo di formazione obbligatoria non inferiore agli 10/11 anni (6 di laurea e 4/5 di specializzazione). Il danno si ripercuote anche sulle pensioni per i ridotti contributi. Le pensioni di questi medici saranno certo basse in considerazione che non potranno raggiungere i 40 anni di contributi (si raggiungerebbero ipoteticamente tra i 70/75 anni di età). Ciò alla faccia delle norme europee che spingono l'obbligo dei 65 anni anche per le donne: ciò non vale certo per i medici!
Il danno si ripercuote anche sui medici più anziani ai quali si deve sommare anche la decurtazione stipendiale prevista per le fasce stipendiali più alte.
A questo proposito vorrei ricordare che il blocco dei contratti, il blocco delle progressioni economiche e le decurtazioni puniscono il lavoro professionale / intellettuale e i dirigenti con funzioni di grandi responsabilità che in altri Paesi europei godono mediamente di retribuzioni maggiori, mai raggiunte in Italia.
Il blocco del turnover è certamente una misura giusta se applicata nelle realtà con esubero di personale, ma non certo nelle Regioni virtuose ed in Lombardia dove gli organici sono già molto contenuti. Nei giorni passati a «Porta a Porta» si è portato lo scandalo dell'ospedale di Palmi con 20 letti ed oltre 100 medici, ma nessuno ha detto dell'ospedale di Orzinuovi (Brescia) dove con 25 letti ci sono 3 medici+il responsabile f.f..: situazioni opposte che richiederebbero soluzioni differenziate e che invece subiranno le stesse misure anticrisi per entrambi i casi limite sbagliate.
Mi corre anche ricordare che i pubblici dipendenti godono di trattamenti migliori, ma in teoria sono sottoposti a regole e limitazioni che nel settore privato non sono previste.
Analoghi tagli sono previsti per i Medici di Famiglia che con i compensi devono anche far fronte alle spese, sempre più cospicue, dell'organizzazione del servizio e degli studi.
Infine non comprendo perché il Governo non abbia avuto il coraggio di dare un taglio all'enorme e dispendioso apparato politico fatto di molte migliaia di soggetti con elevatissimi costi diretti ed indiretti e ciò senza contare gli eccessivi rimborsi elettorali di cui godono i partiti politici.
In conclusione il taglio delle retribuzioni ai medici (e non solo) del SSN non potrà che avere pesanti conseguenze sull'assistenza sanitaria già in difficoltà anche nelle Regioni meglio organizzate. Vale la pena ricordare che il servizio sanitario è ormai da anni garantito grazie ad un impegno supplementare dei medici che ora vengono penalizzati al contrario di ottenere, finalmente, un riconoscimento per i loro sacrifici. Sul piano quantitativo le retribuzioni dei medici diventano ancora più inadeguate considerando una vita lavorativa sempre più breve (30/35 anni) con redditi complessivi decurtati dalle spese della formazione (10/11 anni) e da quelle per i riscatti pensionistici (almeno sei anni). Va inoltre considerato che le retribuzioni dei medici italiani non sono a livello degli altri Paesi europei con servizi sanitari paragonabili.
Cav. Dott. Francesco Falsetti
Presidente UMI
Brescia

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