Quale famiglia cristiana?

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La coppia e la famiglia per la Bibbia sono una realtà della buona Creazione di Dio, nella quale si esprime in modo particolare l’amore del prossimo e la vita in comunione. In essa si scorge il mandato di custodire e generare vita nella coppia, nella famiglia stessa e nella società. Ecco perché lo sguardo di Dio su ogni uomo e ogni donna è pieno di amore e tenerezza, di pazienza e misericordia, ma sempre esigente nella costruzione di quel Regno di giustizia e libertà, di dignità e mitezza che Gesù ha inaugurato. 
 
Con il matrimonio diventa un’istituzione della società, per i credenti da vivere nella luce della benedizione di Dio (per i cattolici in quanto sacramento) come dono e come sfida.
 
La famiglia come istituzione umana ha subìto nel corso del tempo e all’interno delle società delle trasformazioni che oggi ci invitano a parlare al plurale: cioè di famiglie, di diversi tipi di famiglie - senza voler togliere niente alla famiglia tradizionale, che si è essa stessa modificata e trasformata nel tempo: da famiglia allargata, a famiglia patriarcale, a famiglia mononucleare. Costituendosi a volte in nome dell’interesse, a volte del bene della famiglia di origine, a volte per amore, a volte per necessità dei figli, a volte per bisogno di autonomia. Sappiamo che la famiglia tradizionale come pure altre forme di famiglia sono realtà umana, fatta perciò di luci e ombre, con relazioni positive ma anche con delle tensioni. In questo campo le comunità cristiane possono avere un ruolo di accompagnamento, vicinanza e solidarietà nei momenti difficili o nella gioia, nel rispetto delle scelte personali, lasciando libertà e dunque non penalizzando o condannando, pur mantenendo, a livello di ordinamento ecclesiastico, posizioni diverse sul riconoscimento delle varie forme di famiglie e di unioni. 
 
In uno stato laico però questo riconoscimento da parte delle istituzioni e della società civile ormai è dovuto: un riconoscimento giuridico che dia diritti e riconosca doveri alle varie forme di unione, fondate sull’amore responsabile, il rispetto reciproco e la libertà, estendendo loro quanto già contenuto nella nostra Costituzione e ribadito anche più volte in sede europea. 
 
Estendendo i diritti (e i doveri pure!) e la tutela ad altre forme di famiglie non si toglie niente alla famiglia tradizionale e non si attacca la sua dignità. O detto più concretamente: un comune che si impegna per la tutela dei diritti degli uni e contro la loro discriminazione, non per questo abbandona i sui doveri e il suo impegno verso gli altri. 
Questo lo affermiamo in quanto cittadini, ma anche come credenti, ispirandoci alla parola e alla prassi di Gesù, che estende e rinnova il concetto tradizionale, «biologico», di famiglia, chiamando madre, fratelli e sorelle tutti e tutte coloro che fanno la volontà del Padre in cielo. (Matteo 12, 46-50). 
 
Da questa famiglia nessuno viene escluso; questa famiglia comprende tutti e tutte, anche le persone che, magari, avrebbero voluto una famiglia e non sono riusciti a realizzarla, quelle che hanno visto fallire la loro relazione e cercano di costruirne una nuova, quelle che hanno fatto delle esperienze di vita tremende proprio nella famiglia biologica, e che nella famiglia allargata di Dio cercano delle relazioni che sostengono e orientano.
Ci auguriamo che le nostre comunità diventino sempre di più «famiglia cristiana» in questo senso profondamente biblico. Spazi accoglienti, che vogliono raggiungere il cuore dell’altro per seminare il Vangelo, luoghi dove trovare ascolto e sostegno, dove confrontarsi senza esasperazioni e condanne su vari modelli di vita responsabile (cristiani e non), rispettando le differenze e rinunciando a delle discriminazioni, nella ricerca del bene comune, allargando lo spazio e le esperienze di dialogo e condividendo la buona notizia che è Gesù. Quel Gesù che ci invita ad uscire da noi stessi per incontrare, ascoltare, bendire, camminare con la gente, facilitando l’incontro con il Signore, Dio della vita.
 
Anne Zell, pastora della Chiesa Valdese di Brescia
Fabio Corazzina, parroco a S. Maria in Silva, Brescia
 
Non posso fare a meno di interrogarmi sull’iniziativa di don Fabio Corazzina e della pastora valdese Anne Zell. Lo faccio come cittadino e insieme come cattolico, ritenendo inscindibili le due appartenenze, perché radicate nella medesima persona, nel medesimo sguardo sulla realtà, nel giudizio, per carità parziale, che deriva dall’esperienza del vivere qui e ora.
 
La prima considerazione va direttamente all’esigenza della misericordia, dell’ascolto, dell’accoglienza che, mi pare, sia la preoccupazione principale, mi vien da dire «evangelica», che emerge dalla lettera. E non v’è dubbio che l’appello finale della lettera va esattamente in questo senso.
 
La seconda considerazione riguarda la complessità della questione, che attiene alla realtà storicizzata della società, ai suoi mutamenti, alle relazioni tra gli uomini che, pur normate, attengono a presupposti naturali che mi è difficile vedere scardinati. La questione si pone insomma direttamente nel cuore del rapporto tra legge, abitudini e natura. La questione è davvero seria ed ha impegnato per secoli la riflessione filosofica e giuridica. Può bastare, oltre l’accoglienza, la semplice presa d’atto che la «cultura» guida la natura?
 
Infine credo sia necessaria una nuova e seria riflessione semantica per ridare alla parola la sua giusta posizione nel cuore della sostanza. In fondo anche la parola ha a che fare con la natura. Di fronte ai ripetuti slittamenti semantici che hanno portato ad una polifonia di significati, il rischio della mistificazione è dietro l’angolo. La parola non solo narra, descrive, ma essa può - siamo nel cuore dell’ideologia - creare la realtà. Possiamo scegliere di adeguarci, di prendere atto dei numerosi significati che la parola «famiglia» ha assunto e assumerà, di quante realtà differenti essa stessa creerà «storicizzandosi». Ma considero questo una sconfitta, proprio perché la parola si è fatta carne e ad essa resto fedele con tutte le difficoltà e contraddizioni dell’esperienza personale e parziale di ogni singolo uomo e di ogni singola donna. Accanto alla misericordia, forse, dobbiamo tornare a guardare alla parola che dice, anziché cercare in essa le infinite sfumature che accontentano la nostra finitezza.
 
Giacomo Scanzi

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