Pubblicità e maschilismo, la lingua non ha colpe

AA

Vi scrivo per esprimere la mia indignazione in merito alla campagna pubblicitaria apparsa anche sul Giornale di Brescia. Escrementi, spazzatura e sfregi vengono declinati al femminile, con il risultato di dare, non so se ad arte o per mancanza di intelligenza da parte di chi ha «studiato» la campagna, il senso di una figura femminile impotente, sporca, subalterna e implorante. Come contribuente e cittadina mi sento insultata e offesa. Gradirei un vostro commento e soprattutto gradirei che la campagna venisse immediatamente sospesa, impedendo che, allo spreco di risorse, si aggiunga ulteriore danno morale.

Maria Romana Trainini

Brescia

La nostra preziosa lingua italiana si basa su regole precise e imprescindibili, compendiate nella grammatica. Così verbi, avverbi, sostantivi, declinazioni, articoli e consecutio temporum hanno una loro specifica funzione, asservita alla costruzione di una frase, di un discorso, oppure di uno slogan. I pubblicitari sono profondi conoscitori della lingua e delle sue peculiarità. Lo richiede la loro professione, che utilizza spesso giochi di parole, espressioni idiomatiche, ossimori e proposizioni ad effetto. Lo scopo è veicolare un messaggio forte, sia nell’ambito di una campagna commerciale, sia per promuovere un concetto educativo. In questo contesto rientra pure la campagna promossa dall’Amministrazione cittadina, «Brescia sei tu. Tienila pulita», lanciata pochi giorni fa. Gli slogan, che invitano a prendersi cura della propria città, prendono in esame alcuni oggetti: una pallina di carta, una gomma da masticare, una lattina, una colonna romana imbrattata da una tag. Tutti questi sostantivi sono femminili. Perché così vuole la lingua italiana, e conferma qualsiasi vocabolario o manuale di grammatica. E non perché così è stato deciso dal sindaco di Brescia Emilio Del Bono o dal suo team di pubblicitari. Tanto è vero che il manifesto riferito al mozzicone di sigaretta, un vocabolo - il mozzicone - di genere maschile, riporta lo slogan: «Non lasciarmi in mezzo alla strada. Preferisco il posacenere». Una frase il cui soggetto potrebbe essere in egual misura il vocabolo maschile mozzicone o il sostantivo femminile sigaretta. Senza che sia possibile, in alcuno modo, ravvisare una volontà di sminuire la donna o crearne ad arte un’immagine di figura debole, sporca e subalterna. Nella campagna si parla di maleducazione - altro sostantivo femminile - e si condannano le azioni che marcano una mancanza di rispetto dei beni della collettività. Un messaggio che ci coinvolge tutti da vicino e non può e non deve essere sminuito da qualsivoglia dietrologia o lettura distorta. Seppur in buona fede. La gomma da masticare appiccica e la lattina sta davvero meglio dentro ad un cestino della spazzatura. Perché mai si dovrebbe pensare ad una comunicazione nascosta? Quotidianamente i reality, i videoclip musicali e i servizi fotografici di moda, che farciscono le riviste disseminate sotto gli ombrelloni, propongono immagini di donne discinte o sciocche, magrissime o iper truccate, poco acculturate e magari dipendenti da uomini facoltosi. Le fidanzate dei calciatori radunate in Brasile per i Mondiali sono state protagoniste di moltissimi servizi televisivi e spesso, ai microfoni, hanno lanciato messaggi discutibili. Che sono stati ascoltati da migliaia di bimbe, ragazze e giovani donne. È vero. È fondamentale, soprattutto oggi, interrogarsi sulla bontà delle immagini di modelle emaciate date in pasto alle adolescenti. Ma se ha senso domandarsi quale sia il modello di figura femminile che vogliamo fornire alle generazioni future, per renderle luminose, consapevoli e forti, è difficile credere che la confusione possa essere determinata dall’illustrazione di una cartaccia, di una gomma da masticare o di una lattina. Per brutta e sporca che sia (i. ro.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia