Politica venatoria e rapporto etico con il territorio

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La legge 157 è ancora il faro al quale fare riferimento perché al centro c’è la gestione del territorio di concerto col mondo agricolo, condizione perché la fauna si riproduca diventando componente stabile del territorio del paesaggio e dell’ambiente e stabilisce un principio fondamentale che è: la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato cioè è di tutti i cittadini e per questa ragione ai cacciatori italiani liberamente e su tutto il territorio nazionale è consentito di prelevarla anche se a determinate condizioni. Il prelievo venatorio deve riguardare solo una parte della fauna presente sul territorio per consentire la riproduzione naturale, dopo tanti anni non è più possibile dovere ancora fare ripopolamenti su tutto il territorio bresciano o peggio ricorrere al pronto caccia.
 
I cacciatori non hanno diritto di cacciare a prescindere solo perché pagano, i cacciatori nelle aree a caccia programmata hanno diritto di abbattere la fauna nella quantità prevista da precisi Piani di abbattimento programmati in base alla consistenza faunistica presente sul territorio. La maggioranza dei cacciatori condivide questa filosofia e vuole praticare la caccia con questa eticità, dobbiamo scegliere di rappresentare anche quei cacciatori che condividono questa impostazione, che sono più di quelli che pensiamo. L’esempio più classico è quello delle lepri, i Comuni del nostro Atc vengono ripopolati ogni anno con circa 3.000 lepri (1.500 dall’Atc e altrettante dalle sezioni anche se in modo incontrollato) si riproducono arrivando a numeri attorno alle 10.000 e vengono tutte abbattute durante il periodo di caccia e anche prima dai bracconieri. Chiedere un piano di abbattimento serio che preveda il prelievo del 60/70% delle lepri per lasciare sul territorio un numero adeguato di riproduttori, deve essere l’obbiettivo immediatamente realizzabile anche a Brescia, anche perché le importazioni dai Paesi dell’Est Europa sono sempre più care e difficoltose e questa impostazione va poi allargata anche all’altra fauna. La nuova Pac (Politica agricola comunitaria) che entrerà in vigore dal gennaio 2015 contiene misure che aiuteranno questo modo di intendere la caccia perché sarà più green. Infatti prevede le rotazioni delle colture, il fermo di parte dei terreni e incentivi per accordi sui ripristini ambientali; l’Arcicaccia vuole essere in prima fila nel definire con le Associazioni agricole queste opportunità sia a livello nazionale che soprattutto a livello regionale perché è la Regione ad erogare i contributi. Per quanto riguarda gli aspetti gestionali della caccia a Brescia la questione fondamentale è l’estensione dell’Atc Unico che comprende 132 comuni dalla fascia collinare fino alla bassa più profonda. Un’estensione innaturale che impedisce semplicemente qualsiasi ragionamento concreto sulla gestione e che di fatto accentra le decisioni facendolo sempre di più assomigliare alla Provincia.
 
Su questo punto occorre un serio riesame da parte di tutte le associazioni venatorie per l’elaborazione di una proposta di frazionamento dall’attuale Atc in Comitati di gestione più snelli che consentano di gestire in modo nuovo, più vantaggioso per i cacciatori, territorio e fauna. L’Arcicaccia sui problemi delle cacce tradizionali alla migratoria ha da tempo assunto posizioni razionali in ottemperanza alle leggi nazionali e comunitarie. Nel momento in cui scriviamo questo articolo è in corso un tentativo da parte del governo di ridimensionare tale attività. L’Arcicaccia, a tutti i livelli, sta lavorando affinché il D.L. 91 venga modificato. Nel territorio bresciano, oltre la migratoria, c’è la assoluta necessita di riqualificare la caccia alla selvaggina stanziale che, se gestita adeguatamente, è in grado di dare le giuste soddisfazioni che i cacciatori meritano senza creare danni agli equilibri ambientali e faunistici. Tema altrettanto importante è la cinofilia: occorre alzare il livello con iniziative di qualità in grado di aggregare attorno alle nostre proposte tutti i cacciatori della stanziale. Per quanto riguarda la vigilanza bisogna affrontare con serietà la questione a Brescia perché il fenomeno del bracconaggio è indubbiamente una spina nel fianco della gestione venatoria.
 
L’Arcicaccia deve definire con serietà una propria proposta di modifica della normativa attuale con particolare riferimento alle sanzioni. Altrettanto dicasi dell’odiosa pratica dell’abuso dei cani in periodi di caccia chiusa la cui sanzione prevista (e 30,00) è inadeguata e non scoraggia la medesima. Anche nella gestione della fauna nei Comprensori alpini ravvisiamo la priorità assoluta nella tutela dell’avifauna tipica alpina, la presenza di caprioli, cervi e camosci nel territorio bresciano non ha spessore, anche perché il bracconaggio è piuttosto attivo e siamo sotto di molto il livello delle densità ottimali rapportate alla «capacità portante» (carrying capacity) del territorio. L’abbandono delle attività agricole tradizionali nelle zone svantaggiate, particolarmente in montagna, ha portato una notevole modificazione ambientale, tale da permettere un incremento esponenziale degli ungulati, come osserviamo in tante realtà dell’arco alpino e degli Appennini, purtroppo nel territorio bresciano è successo l’inverso. Per quanto riguarda la lepre presente nei CA, si ritiene che un programma di gestione debba porsi come obiettivo la ricostituzione di nuclei stabili, con recupero del ceppo autoctono, limitando l’attività di prelievo col cane da seguita alle sole zone potenzialmente favorevoli al roditore ad esclusione dei pascoli d’altura, dove d’altro canto le densità sono assai limitate, i quali costituiscono l’habitat ideale all’avifauna tipica alpina e possono favorire un consolidamento dell’associazione camoscio-cervo-capriolo, dove sono già presenti e l’occupazione futura di areali potenziali da colonizzare dove attualmente non ci sono; monitoraggio obbligatorio degli ungulati su tutto il territorio provinciale con l’introduzione di prelievo selettivo se numericamente le specie lo consentono.
 
Il recente rinnovo dei vertici provinciali della nostra Associazione deve essere l’occasione per rilanciare anche a Brescia una buona politica venatoria come sopra indicato, intendiamo perciò aprire da subito un dibattito unitario con le altre associazioni affinché il primo, significativo passo compiuto quest’anno e cioè la scelta di un’unica assicurazione per gli iscritti a Federcaccia, Anuu e Arcicaccia, non rimanga lettera morta. Siamo convinti che solo dando impulso ad un tavolo comune che abbia come obiettivo primario una confederazione delle associazioni sulle basi di una proposta seria e nuova e al passo con i tempi nella gestione dell’attività venatoria, possiamo essere compresi dai cacciatori e più in generale dai cittadini. Solo così potremo dare un domani alla nostra passione. 
 
Segreteria Arcicaccia Brescia

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