Non si può aver paura di una statua

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Nell’aprile del 2013 inviai a giornali bresciani la seguente lettera alla quale, a distanza di un anno, aggiunto due righe. Per motivi anagrafici non ho mai visto il Bigio, ma ispirandomi a Proverbi 30 «Tre cose… anzi quattro» vorrei avanzare alcune proposte riguardo al Bigio. La prima è di distruggerlo in modo da risolvere il problema per le future generazioni. La seconda è di venderlo utilizzando il ricavato per aiutare i bisognosi. La terza è di lasciarlo dove si trova, magari coprendolo con cura di terra e rifiuti in modo che tra qualche secolo i nostri discendenti lo riscoprono, come è avvenuto con la Vittoria Alata e lo valorizzino. La quarta è di sfruttare la creatività degli studenti di istituti o scuole d’arte per realizzare, come prova finale d’esame, una copia del Bigio utilizzando materiali biodegradabili agli agenti atmosferici. Probabilmente questa idea potrebbe trovare ditte di ponteggi in grado di prestare gratuitamente e temporaneamente il materiale per realizzare la struttura portante della scultura. Se dopo la «performance» della copia del Bigio risultasse che i frequentatori di Piazza della Vittoria e gli affari nei negozi della zona sono aumentati potremmo trarre delle utili conclusioni. Non ispiriamoci nelle scelte alle ideologie, ma alle sensate esperienze. Infine una considerazione «politica». Come ha dimostrato l’indiscusso e competente esperto e storico dell’urbanistica Franco Robecchi Piazza della Vittoria non è in se «fascista» in quanto Piacentini si è uniformato all’indirizzo urbanistico vigente in Europa negli anni trenta. Se il Bigio rappresentasse il completamento architettonico della Piazza alla luce dei risultati della «performance» si potrebbero trarre delle conclusioni. P.S. Una città che dopo settant’anni dalla caduta del fascismo ha paura di una statua è senza futuro. Un invito agli studenti delle Scuole d’arte bresciane: realizzate un «Bigio gonfiabile» con scritte pubblicitarie e fatelo salire in cielo come pallone aerostatico vincolato. Siamo o non siamo gli eredi di Lana? A cento anni dall’inizio della Prima Guerra Mondiale perché non cambiare il nome delle Piazza e chiamarla Piazza delle Pace? Francesco Zanatta Brescia

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