Non è ingenuo sciogliere in Africa i nodi dell’Africa

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Rispondo alla «lettera firmata» di anonimo del 17 dicembre che critica la mia lettera al direttore dell’1 dicembre sul tema dell'accoglienza. In generale credo opportuno che i problemi complessi siano affrontati da persone competenti, da chi li ha vissuti o addirittura sofferti. Non mi pare che l’anonimo sia di questa categoria. Confermo invece che tra costoro eccelle un grande missionario, don Comboni, che cito nella mia lettera non solo per cercare di elevare il livello della tematica, liberandola dalla consueta polemica politica, ma anche perché il Santo missionario ha avuto una lunga e profonda esperienza tra i migranti e la sua parola ha un peso particolare. Alla classe politica, personalmente, attribuisco varie colpe, anche molto gravi, ma la difficoltà e la incertezza nella soluzione del problema immigrazione, vista la straordinaria complessità del tema di natura epocale e globale, non mi pare la colpa più grave. La soluzione proposta dal Missionario che dice «il problema dell'Africa si deve cercar di risolvere in Africa» contiene un forte richiamo morale (il lettore non pare sensibile a questo nobile aspetto) ed anche, se ben analizzata, una prospettiva economico-politica di gran rilievo. Risorse di vario genere investite in loco possono essere di vero aiuto allo sviluppo e alla emancipazione del continente. Il lettore anonimo definisce questa proposta «ingenua e priva di senso della realtà». Certamente non conosce a fondo il problema. Venti anni fa ho provato, legato al senso della realtà e senza ingenuità, a portare in Nord Africa lavoro e tecnologia. Un inizio faticoso e difficile. Oggi lavorano poco meno di 400 persone, abili e addestrate, nel rispetto pieno delle leggi. Lavoro africano, per il mercato africano, con soddisfazione africana. Se lei non fosse anonimo, la inviterei a verificare, per liberarla da eccessivo pessimismo. Quanto ai profughi che fuggono dalle dittature e dalle guerre civili, è evidente che l’Accoglienza è un doveroso gesto cristiano. La invito, tuttavia ad una riflessione: se da uno Stato tirannico tutti i cittadini dissidenti fuggono (non solo bambini e anziani) che speranza può avere quello Stato? In altre parole se tutti i partigiani fossero fuggiti dall’Italia fascista e non avessero lottato per la libertà della loro Nazione, all’interno della loro terra, come vivremmo oggi? La storia è a volte crudele, e non genera quella che lei, maldestramente chiama «falsa speranza». Ci pensi! Sandro Belli

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