Meglio chiudere l’aeroporto di Montichiari

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Ci risiamo o meglio non è mai finita; un rosario che continua e questa volta i contendenti sono il Catullo e la Save (Venezia) contro la Sacbo (Orio al Serio). Una lite, questa, relativa al progetto - andato a vuoto - per la gestione congiunta dell’aeroporto di Montichiari. Più volte con le mie lettere al Giornale, ho schiacciato questo tasto e messo a nudo le molteplici incongruenze, sperando che ogni volta fosse l’ultima ed invece... ci risiamo. Ed allora? Dov’è finito tutto quel baillame declamato in quel fatidico lunedì 15 marzo 1999, allorché l’allora primo ministro, Massimo D’Alema si era riempito la bocca con roboanti prospettive di un futuro folgorante per i passeggeri perché proprio per i voli di linea nazionali ed internazionali era stato costruito. A D’Alema aveva successivamente fatto cassa di risonanza l’allora sindaco di Montichiari - presente naturalmente sul palco il giorno dell’inaugurazione - e che il 15 marzo 2001, in qualità di scribano su di un settimanale locale rendeva noto che: «Sembra solo ieri la festosa ed affollata cerimonia del taglio del nastro nella luminosa giornata. Di quel lunedì... invece sono già volati due anni e... tanti aerei (!) che dimostrano la grande potenzialità dell’aeroporto di Montichiari». Si è letto bene? Dopo che nel corso degli anni - e sono ormai quindici - molti i comprimari, pubblici e privati, che si sono seduti al tavolo delle trattative - siamo ancora ad un punto morto, pur se l’oggetto del contendere è passato dal trasporto - passeggeri a quello delle merci. L’unica cosa che ancora «sopravvive» sono ormai le centinaia di milioni di euro che aumentano per «l’inutile» gestione. A spese di chi e di che cosa? Sicuramente di Pantalone, cioè noi, che al pari di Totò che, in un suo bel film d’antan, continuava a gridare alla moglie ed ai figli: «E io pago, e io pago». Da Carpenedolo, ogni tanto, fa eco l’associazione «Cambia rotta», che al pari di Totò si fa sentire almeno per far... cambiare il tragitto di atterraggio o di partenza degli aerei. Ma quali aerei se l’aeroporto sembra il deserto del Sahara. Visto che ormai il malloppo del costo di mantenimento aumenta sempre di più e che al tavolo delle trattative manca solo la lotta con «sediate», non sarebbe più opportuno, per evitare almeno questa lotta «fratricida» esporre all’entrata la scritta: «Closed and filed for bankruptcy» (chiuso e archiviato per fallimento). Dino Alberti Montichiari

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