Manifestazioni sindacali e antagonisti

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Sono un pensionato, ex operaio, e ieri sono stato a Brescia alla manifestazione sindacale dopo molto tempo che non partecipavo a cose del genere. Nel bene e nel male è stato un tuffo indietro nel tempo: bene è che resista ancora uno spirito combattivo, male è che ci sia ancora bisogno di spirito combattivo... ma non è questo ciò di cui vorrei parlare adesso. Vorrei dire qualcosa invece sui cosiddetti «antagonisti», quei giovani che praticamente da sempre (io almeno li vedo dal 1969) partecipano alle manifestazioni sindacali, ma «a parte», tipo Nanni Moretti (... mi si nota di più se non vado o se vado ma mi tengo da parte...). Spiego, o almeno ci provo: ero in piazza, il corteo stava ancora entrando ma gli interventi erano già cominciati. Il gruppo dei giovani chiudeva il corteo stesso ma tenendosene ad una certa distanza anche con l’aiuto di un camioncino su cui erano stati piazzati potenti amplificatori. Una volta arrivati alla Loggia, i «giovani» non si sono fermati e hanno attraversato la piazza con gli amplificatori al massimo, sovrapponendosi quindi agli oratori, urlando al microfono accuse di tradimento ai sindacati e invitando la gente a seguirli non si sa bene dove. O almeno questo è il poco che sono riuscito a capire nel minuto in cui ho avuto i loro amplificatori ad un metro, perché in realtà l’effetto era soltanto di caos. Deja vù, anni ’70. Però vorrei capire: dando per scontata la buona fede, quei ragazzi che cosa pensa(va)no realmente di ottenere con questo metodo? Mettiamo pure da parte - per un momento - la colossale cafonata di andare a disturbare una manifestazione di altri, questi si rendono conto che in realtà stavano dicendo imbecilli a tutti i partecipanti? A quella manifestazione c’era gente disoccupata, altri con il posto di lavoro traballante, pensionati (tipo me) sotto i mille euro, genitori terrorizzati dal futuro dei figli, insegnanti insultati, dipendenti pubblici additati, assieme agli immigrati, come la causa di tutti i mali... tutto il repertorio insomma, tutta gente che sicuramente, almeno di questi tempi, legge e si tiene molto più informata della media - giovani inclusi - e questi generosissimi (chi lo nega?) antagonisti arrivano belli pimpanti a dirci di fatto che siamo tutti dei pirla appecoronati, dietro quelli che in realtà ci stanno vendendo. Imbecilli, per l’appunto. Però, per talebani che fossero, non potevano non rendersi conto che in quella lotta di amplificatori, e soprattutto in quel momento, nessuno avrebbe preso coscienza e, battendosi il palmo sulla fronte, li avrebbe seguiti, quindi ripeto: in realtà, che cosa volevano? Provocare uno scontro per andare in televisione? Fare testimonianza? Situazionismo, che poi sarebbe casino per il casino? Poi c’è la domanda che mi faccio da sempre: ma se non sei d’accordo con le ragioni di chi organizza la manifestazione, perché ci vai? Ma anche ammesso che per qualche psicotica convinzione uno ritenga giusto andare a rovinare una manifestazione di qualcuno che si ritiene nemico, come mai solo a quelle dei sindacati? Non mi risulta infatti di antagonismi del genere a manifestazioni leghiste o comunque di destra: è un caso, o non sono abbastanza antagoniste quelle? Oppure, duole ammetterlo, bisogna tornare all’inizio, cioè che il concetto-base sia: io sto dalla parte dei lavoratori, ma dato che i lavoratori sono così tonti da non capire che i loro capi li stanno tradendo bisogna che io, che invece sono più intelligente, scenda in campo (ricorda niente?) per svegliarli. Molto democratico. Molto generoso, grazie. Come siete umani voi. Ora, io non faccio più attivismo sindacale da molti anni né frequento ambienti politici (anche perché non ci sono più) ma mi chiedo: possibile che tra organizzatori non ci si parli prima? E non solo riguardo alle manifestazioni, ma in generale: se più o meno tutti i protagonisti di queste battaglie politiche sostengono di essere nella stessa grande metà del campo, possibile che non ci si possa incontrare mai, avendo però come condizione imprescindibile il rispetto reciproco? O, per dirla ancora più chiara, partendo dal riconoscere la reciproca buona fede? Roberto Balili Pisogne

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