Ludopatie, come educare i giovanissimi

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Chiediamo spazio alla sua rubrica per rimettere in evidenza un disagio che proviamo noi come comunità educativa dell’oratorio Paolo VI di Urago Mella. Da un po’ di tempo si assiste, prima col bel tempo, nei parchi cittadini ora con il freddo nei locali pubblici l’aumentare di ragazzi, per lo più minorenni che giocano a carte. Cosa c’è di strano direte voi, lo abbiamo fatto tutti, tutti ci siamo trovati attorno ad un tavolo a vedere chi riusciva a fare il colpaccio con l’asso o a umiliare l’altro facendo punti con il 2 di briscola. Il problema sta nel fatto che oggi come forse non prima, i ragazzi iniziano a giocare usando soldi. Piccole somme certo, oggi sono così, ma domani? Oggi inizio vincendo pochi centesimi e domani voglio recuperarli e ne spendo altrettanti per arrivare a riguadagnarli. Lo sappiamo tutti, è un gioco perso in partenza. Purtroppo sappiamo che, non tutti, ma tanti lasciano giocare anche nei locali pubblici i minori. Non è raro infatti vedere i ragazzi con le schedine delle scommesse in mano con la speranza del gol al 90’ per poter vincere e osservarli poi delusi imprecare perché han perso centinaia di euro di possibile vincita. Ci siamo interrogati come comunità educativa nel nostro oratorio: cosa possiamo fare, visto che molte volte siamo davvero soli? Qualcuno ha pure detto: «Se non ci pensano le loro famiglie, cosa possiamo fare noi? Non siamo noi i loro genitori». Dal punto di vista teorico hanno anche ragione, ma la domanda è: i genitori di questi ragazzi, anche delle scuole medie, lo sanno che i loro figli giocano con i soldi? Noi come cristiani ed educatori non possiamo esimerci dal tendere una mano alle famiglie che ci chiedono un aiuto, ma dobbiamo avere il coraggio di uscire allo scoperto e aiutarci, ma assieme. Da qui l’idea di scrivere queste poche righe, visto che molti di loro non frequentano i nostri ambienti e forse almeno leggeranno dalle pagine del giornale questa riflessione. Abbiamo bisogno di padri e madri. Tutti possono essere genitori, ma padri e madri si impara ad esserlo e voler mettersi in discussione anche in questo campo non deve essere visto come una sconfitta o incompetenza, ma come un’occasione per poter crescere. Da parte nostra la volontà per «fare qualcosa» c’è, ma non possiamo e non vogliamo farlo da soli. Tu puoi dire a questi ragazzi che sbagliano a utilizzare il denaro in quel modo, che è una strada che, se intrapresa rischia di non avere un ritorno sereno. Se ne andranno forse dai nostri ambienti, ma continueranno a giocare da qualche altra parte. Il problema si sarà solo spostato ma non risolto. Quali mezzi possiamo avere per essere veramente efficaci nella prevenzione di questo? Se da una parte nei bar continuano a mettere slot e continuano a nascere sale gioco, cosa possiamo fare noi? Anche le istituzioni che da una parte si fanno garanti della giustizia, dall’altra perché non intervengono? In una comunità educativa quale siamo noi, ci sentiamo in dovere di mettere in allerta i genitori di questi ragazzi. Non assolveremmo il nostro compito stando in silenzio e facendo finta di nulla. Usciamo un po’ tutti allo scoperto, dimostriamo un po’ di coraggio. Forse sarà la testimonianza vincente della quale quei ragazzini, ingenuamente seduti intorno ad un tavolo a giocarsi i loro sogni, hanno davvero bisogno. Forse, ma la preoccupazione è davvero molta. Don Jordan Responsabile pastorale giovanile Unità Pastorale di Urago Mella e comunità educativa dell’oratorio Paolo VI Brescia

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