Licenziata perché aspettavo un bambino

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Sembra una sciocchezza, ma purtroppo anche al giorno d’oggi non tutte le aziende accettano che le loro dipendenti abbiano figli. Sono una mamma disoccupata di 31 anni e scrivo queste righe perché per me è stato proprio così. A dicembre 2012 dopo 13 anni alle dipendenze della stessa azienda sono stata licenziata, la scusa ufficiale del licenziamento è stata che il mio ruolo non era più necessario a causa della diminuzione di lavoro, ma la reale motivazione (visto che il mio stesso ruolo è ricoperto da un’altra persona) è che sono diventata semplicemente mamma. Il licenziamento è coinciso con il compimento del primo anno d’età di mia figlia visto che la legge prevede che sino a quel momento la lavoratrice non possa essere licenziata. Periodo a cui sono arrivata dopo aver assecondato le volontà del datore di lavoro di far ricorso, visto il momento «difficile», a tutte le forme di maternità ed esaurimento di tutte le ferie arretrate (molte visto che preferivo venire incontro alle urgenze dell’azienda piuttosto che alle mie). Il 2 Aprile 2014 ci sarà l’udienza per la contestazione del licenziamento: faccio appello alla giustizia italiana, perché non è possibile che al giorno d’oggi in un paese come l’Italia le donne lavoratrici vengano penalizzate se scelgono di essere anche mamme e soprattutto perché in futuro si possa impedire che accada ancora un’ingiustizia simile ad altre mamme come me. Forse che la crisi della natalità in Italia che mette in discussione «l’italianità» della nazione, facilmente additata come figlia del cambiamento di stile di vita delle giovani coppie, sia invece frutto del timore del licenziamento come nel mio caso? Noi donne siamo felici di essere mamme, ma vogliamo e possiamo continuare anche ad essere delle ottime lavoratrici. Ambra Gozzini Brescia

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