Le unioni frutto dell’accorpamento dei Comuni

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Il giorno 22 ottobre, presso la sede decentrata e territoriale dalla Regione Lombardia, in via Dalmazia, s’è svolto un interessante incontro tra amministratori e tecnici sul futuro dei 206 Comuni bresciani, alla presenza dell’assessore regionale le Viviana Beccalossi, del neo presidente della provincia Mottinelli (il nuovo nome di battesimo della neo provincia è per adesso sempre quello, ha precisato il presidente, in attesa della modifica costituzionale, promessa dal governo Renzi), nonché del vice prefetto, di vari sindaci, dirigenti regionali, funzionari del centro di ricerca regionale Eupolis, dipendenti comunali e numerosi segretari comunali (stante per questi ultimi il loro desiderio, come parti in causa delle modiche istituzionali nella p.a., di essere invitati al robusto «tavolo» regionale sul monitoraggio della legge Del Rio). L’incontro aveva a tema lo stato delle gestioni associate obbligatorie (GAO) che a Brescia, come in tutta Italia, a seguito della ben nota legge Del Rio (che ha tagliato i costi della politica e delle province sostituendole con «enti di area vasta»: ma ciò è un work in progress come s’è accennato). Dalle varie situazioni delle unioni/comunità montane ed associazioni di enti piccoli e grandi, di pianura e di montagna, risulta una fotografia quanto mai attuale, in vista della scadenza che pone ai piccoli comuni (fino a 5000/3000 abitanti) entro quest’anno, l’obbligo di associare tutte le funzioni comunali, sotto il vigile monitoraggio della Prefettura e della Regione. Il termine perentorio della scadenza di tutte le funzioni da associare, desta perplessità e non pochi dubbi negli intervenuti, ma è ormai inesorabile tale scelta (indietro non si torna!), secondo il sindaco di Pertica Alta, perché il governo attuale, come il precedente governo tecnico, ormai sulla materia «fa sul serio», ma certamente la scelta di merito della forma associativa (quella di mezzo sembra la migliore), risulta altrettanto importante per affrontare la crisi sistemica e finanziaria in cui siamo immersi, per cui per uscire dal «circolo vizioso» del problema finanziario che assilla tutti i Comuni e le città (parafrasando la nona edizione della scuola bresciana San Benedetto), occorre accettare la sfida seguente: da un lato dello Stato centrale che, in nome della sussidiarietà li ha utilizzati per rientrare dalle procedure di deficit eccessivo, dall’altro la città che deve andare oltre i «limiti finanziari», nel senso dell’agenda europea 2020, garantendo cioè «benessere» più che pil economico (le cd smartcity) e bilanci non in disavanzo. Capire questo fenomeno dell’accorpamento dei comuni, che ha origini dalla necessità di creare nuovi modelli organizzativi (convenzioni, unioni e fusioni), a fronte di risorse scarse e di riduzione di trasferimenti erariali (in quanto lo Stato fa i compiti a casa per il trattato di Maastricht), è essenziale. Per andare oltre i limiti finanziari imposti dal circolo vizioso finanziario del patto di stabiltà: patto sì patto no per gli enti locali, cui oggi sembra appiattita tutta la discussione intorno alla sorte dei bilanci comunali e statali, la forma di mezzo (l’unione), risulta la migliore scelta al momento per i neo amministratori, giacché ad essa non s’applica il patto di stabilità, a condizione che essa sia non a «geometria variabile», ma che i Comuni aderenti (anche due) cedano tutti i servizi e le funzioni in una contabilità unica del bilancio dell’unione. Altrimenti l’unione non risponde ai criteri di economicità ed efficenza e rimane una scatola forzata (Giolitti: «Le unioni forzate non danno mai buoni frutti»), anziché la preziosa scialuppa nel mare in tempesta! La regione Lombardia che ha incentivato le unioni, ora ha stabilito con recente legge il livello ottimale per dimensione demografica di tale organismo (assimilabile alle comunità montane), ponendo anche delle deroghe agli enti che non trovino enti contermini disposti a rinunciare ai campanilismi ed unirsi. Le comunità montane bresciane intervenute all’incontro risultano anche modello di benchmark per la gestione associata dei servizi per tutta la Lombardia. Antonio Pètrina

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