La replica della neo-mamma licenziata

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La mia lettera senza indicazione né delle aziende né del titolare era volta esclusivamente ad «informare» le neo mamme su quanto mi è accaduto. Facile sarebbe in questo momento, visti i toni sprezzanti usati nei miei riguardi, «buttare benzina sul fuoco» argomentando dettagli della situazione, ma la mia serietà professionale mi impone di fare una lettera senza riferimenti specifici, non per la non veridicità delle informazioni da me riportate, ma semplicemente per diligenza, anche dopo la fine del rapporto di lavoro. La divulgazione di questioni personali non è nel mio stile, anche perché le persone che ben conoscono nel dettaglio la situazione, sanno come numeri quali -25, -40, -15 lascino il tempo che trovano. Dal canto mio, ho sempre dato la mia disponibilità, anche durante il periodo di maternità per eventuali chiarimenti inerenti questioni rimaste in sospeso per la mia assenza. Quando inoltre mi è stata presentata la situazione di crisi, durante il periodo prima di maternità e poi di ferie forzate, ho mostrato piena disponibilità a trovare con il datore di lavoro soluzioni che permettessero all’azienda di ridurre i costi inerenti la mia figura professionale (quali C.i.g., riduzione dell’orario di lavoro a part-time, etc.). Soluzioni nemmeno prese in considerazione dall’azienda. Per quanto riguarda il tanto invocato dal datore di lavoro «pietismo populista», vorrei specificare che il titolo della mia lettera viene assegnato dal Giornale. Quanto a populismo, gradirei informarLa che tutti i dipendenti, quindi anche i suoi familiari, hanno gli stessi diritti a tutele quali gli ammortizzatori sociali, che se fondati vengoni concessi. Per quanto concerne l’essere ottime persone, rimanderei al parere di chi come me, per avere le ultime spettanze, ha dovuto sudare sette camicie. Ambra Gozzini Brescia

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