La crisi del tondo anticipo delle crisi portate dalla Ue

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Trentasette anni fa iniziava la crisi dell’industria del tondino in Brescia e provincia, un settore produttivo che aveva trasformato la nostra provincia in ricca e industriosa, pur tra lotte conflitti e conquiste sindacali per condizioni a volte inumane di lavoro, proprio nelle nostre valli avevamo il primato come produzione, con Brescia e provincia rappresentavamo oltre l’undici per cento della produzione Cee. La fissazione di un prezzo minimo del prezzo per il tondino di ferro provocò la reazione di Gino Lucchini «dovremo aggiungere al prezzo stabilito circa il 20 per cento di costo di trasporto. La conclusione è una sola: nessuno comprerà più il nostro prodotto ormai fuori concorrenza». A Brescia in Valle Sabbia e Valle Trompia le aziende interessate più di 80, gli addetti totali del settore erano circa 23mila. Era già crisi dal 1974, erano i tempi di Castrezzati che temeva, come poi accadde, stati fallimentari e chiusure. La siderurgia bresciana iniziò il suo declino, l’export era finito, con un’edilizia in crisi in Italia. Da allora Brescia e provincia fu uno svilupparsi del terziario ma la distruzione del settore trainante della sua economia. Ricordo al mio paese in Val Camonica, Berzo Inferiore, la chiusura con il declino negli anni successivi della Sider Camuna dei fratelli Bellicini, La tre Valli dei fratelli Pastorelli. Tutti avevano celebrato anticipatamente il loro declino: all’Europa abbiamo pagato la nostra povertà e fallimento che ci è costato in posti di lavoro e futuro per noi. La chiusura e il decadimento del tondino di ferro portò come nelle previsioni un drammatico ridimensionamento delle prospettive future, che sono oggi impossibili a recuperarsi. Cambiano i tempi ma l’Europa a Brescia non ha portato che disoccupazione. Oliviero Trombini Lonato del Garda

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