L’infanzia felice tra i boschi e il fiume

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Bisogna risalire alla fine del secolo scorso sulle montagne delle valli bresciane per ritrovare dove viveva con alcuni esemplari l’orso. Le carbonaie erano lassù a 1000, 1500 metri e la carbonaia era il luogo di lavoro per alcuni dei nostri bisnonni, che avevano, alcuni, paura dell’orso e raccontavano in paese delle storie inverosimili di caccia e avvistamenti dell’orso bruno. La montagna viveva fino a fine estate, fieno per le bestie da trasportare coi carri a valle, vacche e pecore in malga, formaggi e fiorit che assaggiavo fino a quindici anni fa a 1700 metri quando una volta l’anno con l’amico Paolino Feriti raggiungevo il bivacco. Accoglienza di fine estate dei malghesi obbligo rimanere qualche ora con uomini in solitudine che passavano sere d’estate lontano dalla famiglia, racconti fantasiosi su animali o donne viste girar per i boschi frutto della solitudine. Qualche decennio addietro invece raccolta prima dei funghi e più in basso delle castagne, poi si passavano i lunghi inverni a casa, con le giornate per i fortunati a costruire strade, ponti ed edifici pubblici o case del paese o quelle vicine, alla bellemeglio chi aveva vacche e asino o cavallo accudiva la stalla, la raccolta delle mele finiva con questo ottobre e novembre. Selvaggina ed uccelli facevano parte dell’alimentazione degli abitanti delle valli, ci si preparava così all’inverno, alle serate di socialità col gioco delle carte e delle discussioni nelle stalle più grandi giù in paese, potevan contenere almeno una trentina e più di paesani, prima che arrivasse la televisione. Il maiale all’ingrasso, la porca era sempre rinchiusa nel recinto troppo alto per vederla per noi bambini ma si sentiva il grugnito e se ne vedeva il muso dalla mangiatoia. Era il 1989 quando ho rivissuto la stessa esperienza della stalla di Angelo Bonetti e della sua famiglia, dei contadini della Valgrigna con quella della DDR. Entrato di notte nella nuova Germania dell’Est liberata, caduto il muro qualche mese prima, niente paracarri ma la stessa luce che da noi illuminava la strada provinciale. La cortina del socialismo decaduto mi rimandava a prima del 1960, una lampadina in piazza per i paesi dell’est europeo e tanta erba secca ai bordi della via, chiamarla strada era impossibile, le piante non potate che vidi nel viaggio poi verso la Repubblica Ceca davano immagini lugubri di boschi dell’orrore. Ma questo progresso, che poi c’è stato anche la, mi fa preferire le stalle e le strade campagnole; vi immaginate la nostra infanzia felice nei boschi e al fiume, con gli animali dei nonni, asini, cavalli, galli, oche e quella dei nostri bimbi degli ipod... Quel che siam riusciti a veder da giovincelli, fortunati sino ad ora poi chissà non la guerra, con le storie della nonna, mi fan pensare che siam andati un po indietro perché era meglio la natura era meno l’inquinamento. Senza computer più socialità, ma questa è stata l’evoluzione della società con facebook son finite le riunioni le assemblee le sezioni. E l’orso? Li rivogliamo animali come caprioli ed orsi o pesci catturati al fiume che erano al centro delle discussioni avanti al tavolo ed a un bicchier di vino acre delle vigne del campo, quando l’orso era in agguato o curiosava dove stavan le carbonaie ed a colpi di badile un mio caro antenato e i carbonai lo cacciavano con la paura. Forse un ritorno indietro magari col tablet e il cellulare nello zaino risalendo la montagna verso la cima di San Glisente lo rifarei io, lo rifarebbero molti della mia generazione ed anche giovani, il mondo cambia, se non taglieremo più le piante forse troveremo il modo di valorizzare queste nostre belle montagne, con risalite a piedi sulle mulattiere prima dell’inverno. Oliviero Trombini Lonato del Garda

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