L’idea del Parco per dare un futuro alla Franciacorta

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Oggi, per la Franciacorta, tutti sembrano concordare e avvertire l’esigenza che contro la frantumazione del territorio sia necessario un progetto globale d’ambiente, un progetto di recupero delle risorse culturali e ambientali. Un progetto avvertito da tutti come «futuribile speranza civile». Viene subito da chiedersi dove un progetto contestuale di questo tipo possa palificarsi. Sicuramente nella sua geografia dei luoghi, nella sua storia antropica e nella sua stratificazione storica. 1) Una storia di lungo periodo, una storia antropologica della Franciacorta fa emergere l’identità di un territorio che aveva prodotto un paesaggio nella sua essenza unico e unitario. Unico, nel registrare una così elevata densità dei sistemi architettonici; di una figurazione stilistica nella sua completezza stratigrafica: dalle antiche Pievi ad aula unica fino al villino Liberty. Unitario, poiché mille anni al mondo di storia degli insediamenti umani ci raccontano di un legame inscindibile tra architettura e natura, generando quel paesaggio incantato immortalato dai pittori dell’Ottocento, rimasto nella sua integrità fino alla seconda metà del Novecento. 2) Una storia più recente, dal Dopoguerra a oggi ci descrive di come «il paesaggio dei Piani», dei Piani di Fabbricazione, dei Piani Regolatori, dei Piani di Governo del Territorio, ha prodotto un certo tipo di paesaggio, dello sgretolamento e della frantumazione, che qualcuno ha definito «il paesaggio fetente che ci ritroviamo», e che comunque registra una frattura epocale con la storia. Piani eseguiti non sulle reali esigenze dei cittadini, ma su egoistiche strutture di potere che hanno favorito speculazioni e affari, Piani caricati da fabbisogni teorici, di errate previsioni che hanno generato le migliaia di alloggi invenduti e inutilizzati, aree industriali e artigianali abbandonate. 3) Per una storia futura continuare ancora oggi con la logica dei Piani, come il «Piano d’Area Vasta», potrebbe generare ulteriori fenomeni di compromissione. Un progetto necessario deve nascere dalla scala fin qui sintetizzata, deve cogliere il carattere dell’unicum di un paesaggio, nelle sue valenze ambientali e nel suo palinsesto culturale e architettonico. Per il futuro della Franciacorta, l’ipotesi dell’entità territoriale del Parco Agrario è un’idea globale che può rigenerare un territorio unitario, partendo dalla salvaguardia, dal riuso e da una valorizzazione del paesaggio agrario rimasto. Come ricorda Gian Marco Pedrali in un precedente articolo, è vero che oggi diamo il benvenuto all’approvazione della Legge Regionale 53, relativa al consumo del suolo e alla riqualificazione di quello degradato, legge che manifesta una chiara intenzione e un’inversione di tendenza e, se vogliamo, dopo tutto quello sopracitato una tappa necessaria e obbligata. Questa legge però ci lascia un trenta mesi di Purgatorio dove è possibile commettere peccatucci veniali e soprattutto non contiene un’idea di progetto generale, di come salvaguardare e rigenerare un territorio in una vera «risorsa turistica e ambientale», mentre andrebbe riempita di quei contenuti che la proposta del Parco possiede e che qui mi piace riassumere. 4) L’ipotesi di progetto del Parco Agrario, si è autogenerata in questi ultimi trent’anni, e da questo punto di vista è un’idea patrimonio di tutti. Ad horem alla figura di Roberto Montagnoli che volle delineare in un numero speciale della rivista AB, Cento3 (1987), fogli di viaggio e di progetto tra Franciacorta, Sebino e Valle Camonica. Questi percorsi incrociati tra natura, storia, arte e lavoro dell’uomo, si sono nel tempo sempre più affinati fino a divenire l’essenza di supporto all’idea del Parco. Una rete di itinerari lungo antichi percorsi storici est-ovest, che incrociano altri corridoi ambientali nord-sud dalla valle alla pianura, in grado di far emergere la struttura centuriale del territorio, rigenerando così la storia antropica di un paesaggio, creando la premessa di trasformare sul modello vitivinicolo il resto del paesaggio agrario, con nuove necessarie ipotesi di sviluppo agricolo che troveranno il beneficio nell’essere all'interno del Parco. Un Parco quindi non come congelatore o frigider, ma come potenziale motore di tutte le attività iscritte nel Parco. Una rete di itinerari, che unisce tra loro le più significative emergenze paesaggistiche, circa una decina di ecosistemi ambientali, uniti dal parco in un unico ecomosaico ambientale. Questo grande ecomosaico ambientale si ritrova nella maglia degli itinerari ricucito con tutti i sistemi architettonici registrati sul territorio. Questa struttura di itinerari culturali e ambientali che attraversa anche l’anima più segreta del territorio della Franciacorta, si appoggiano esternamente ad una serie di «Percorsi Ciclabili di Interesse Regionale» (P.C.I.R.), che segnano un nuovo confine del territorio della Franciacorta, dalla sponda lacuale Paratico, Iseo, con l’anfiteatro morenico a nord, alla linea dei fontanili e delle risorgive a sud, dal Mella con la porta di ingresso di Castegnato a est, all’Oglio con la porta di ingresso di Palazzolo a ovest. Se vogliamo un nuovo confine allargato nei confronti di quello delineato attualmente che censura a metà, o completamente, alcuni Comuni storici della Franciacorta. È evidente che a questo schema generale deve corrispondere poi un capillare lavoro dei singoli Comuni, a costruirsi un proprio registro di itinerari in progetti microurbanistici, tesi a valorizzare le proprie peculiarità storico-artistiche-ambientali, in grado di connettersi al progetto generale del Parco e al registro più ampio della Franciacorta. Sarà poi necessario con tutti i soggetti e gli attori presenti nel territorio, i Comuni, le Associazioni ambientaliste, gli agricoltori, costruire le regole del Parco; o, se non si vuole fare il Parco, si costruisca un’idea di nuovo paesaggio, come ipotesi di nuova civiltà. Non è il momento di contrapporre un’idea ad un’altra, non ne abbiamo più il tempo, è necessario unire tutte le energie positive impegnate sul territorio per un nuovo futuribile paesaggio come «sostanza di cose sperate». «Ognuno di noi ha bruciato a fiamma lenta il fuoco delle illusioni, eppure chi non si è infiacchito o addirittura corrotto continua a sperare». (Ernesto Nathan Rogers) Aurelio Pezzola Professore di Composizione Architettonica presso il Politecnico di Milano

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