In ricordo delle vittime del 2 marzo 1945

Bombardamenti.
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Domenica 7 marzo, alle ore 16, presso il Santuario S. Angela Merici, via Crispi, il vescovo emerito di Brescia Mons. Mario Vigilio Olmi, celebrerà una S. Messa a ricordo di tutte le vittime delle incursioni aeree, in occasione del 65° anniversario del bombardamento aereo della città del 2 marzo 1945. Ricordo bene quel giorno, anche se avevo poco più di dieci anni. Abitavo in via Monte Grappa e quando la sirena che era sul tetto di casa ululava annunciante il grande allarme ci precipitavamo nel rifugio che poi era la cantina. E così fu anche quel 2 marzo poco dopo mezzogiorno. Durò pochi minuti, ma furono sufficienti per fare sanguinare il capoluogo. Quando uscimmo dal rifugio, subito apprendemmo da alcuni passanti che il centro era stato colpito duramente dai quadrimotori «Liberator» anglo-americani. Mia madre che aveva un fratello (fortunatamente in quel tempo sfollato a Gussago) residente in corso Vittorio Emanuele (l'attuale corso Martiri della Libertà) dietro la sede della Banca S. Paolo, mi disse di fare un salto in quella via per accertare se ci fosse stato qualche danno all'abitazione. Percorsa via S. Faustino, vidi in piazza Rovetta all'inizio di corso S. Agata una gruppetto di persone davanti alla pasticceria Almici. Mi fermai incuriosito e potei assistere così al salvataggio da parte dei Vigili del fuoco di alcune commesse che venivano estratte da una buca profonda con delle corde. Avevano il grembiule nero, tutto coperto di polvere e piangevano dopo lo scampato pericolo. La pasticceria era sta colpita da una bomba. Proseguii ed arrivai all'inizio di via Porcellaga, ma la strada era ostruita da un cumulo di macerie. Presi allora la via dietro il grattacielo e prima di arrivare in piazza delle Erbe (piazza del mercato) sulla sinistra vidi della gente che andava e usciva da una scala che portava ad un rifugio antiaereo. Volli entrare anch'io. Dopo qualche gradino, vidi il corpo di un uomo senza vita sdraiato. Una signora anziana vicina a me in dialetto bresciano subito soggiunse «è stato lo spostamento d'aria». Quella vista mi turbò non poco. Arrivai finalmente alla casa dello zio: era completamente distrutta. Raggiunsi mia mamma con una corsa senza soste per portarle la brutta notizia. Qualche giorno dopo il 2 marzo, sfollammo a Gussago località Piedeldosso. La guerra non era ancora finita e l'odissea della città colpita dalla violenza aerea continuava. Ho ancora negli occhi la visione dei grappoli di bombe che si staccavano dal ventre degli aerei provenienti dal lago d'Iseo e colpivano la nostra Brescia. Tutto ciò da un osservatorio previlegiato: il Santuario della Stella. Il giorno prima della fine della guerra a Gussago cadde di notte una bomba lanciata dal solito aereo notturno. Noi bambini simpaticamente lo chiamavano Pippo, ma purtroppo provocava vittime. E quella notte uccise in piazza la figlia del fornaio: la giovane Italia Temponi di anni 17. Ho ancora ben presente il suo corpo coperto da un abito bianco vicino alla mamma piangente disteso nella sua camera da letto. Sono riuscito a fare affiggere una lapide dal sindaco di Gussago con scritto il suo nominativo sulla parete della casa. Il tutto dopo anni e anni di continue richieste scritte ai vari amministratori! A Brescia ora sono intenzionati ad erigere un monumento alle vittime dei bombardamenti aerei, ma sembra che dopo sessantacinque anni non abbiano trovato i soldi per inserire i nomi, cognomi ed età dei caduti. Costano troppo così mi dicono. Si pensi anche che il lungo elenco non è costato una lira alla «Loggia» e nessuno presenterà la relativa fattura! Giorni e giorni di ricerca presso l'ufficio di igiene sito allora in via Mazzini, all'archivio di Stato ecc. Un'impresa titanica. Non si è mai voluto fare pubblicamente conoscere alla gente la dimensione di quella tragedia, nonostante si continui a scrivere di salvaguardare la memoria storica. In piazza Rovetta giustamente si possono leggere tutti i nominativi dei caduti bresciani di quel terribile periodo. Perché allora questa discriminazione? Alla fine degli anni settanta venne da me un padre che aveva perduto le sue tre figlie in un bombardamento aereo su Brescia. Mi ringraziava per averle almeno citate in un libro. Si chiamava Pietro Da Ponte. Se fosse ancora in vita chissà cosa direbbe. Probabilmente ripeterebbe le stesse parole dette trenta anni fa, che per carità di Patria non posso scrivere.
Lodovico Galli
Brescia

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