Il filosofo e l'anziano che diventa risorsa

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II 18 giugno scorso, invitato dal sindacato dei pensionati Cgil, ho partecipato, presso il Ridotto della Camera di Commercio di Brescia, ad un interessante convegno, parte di un ciclo di conferenze-dibattiti in occasione dell'anno europeo dedicato all'invecchiamento dell'anziano attivo. Vi erano relatori di spicco, tra cui il professor Paolo Corsini e Riccardo Terzi, segretario nazionale dello Spi-Cgil, che hanno dialogato con un ospite eccezionale, quale poteva essere il filosofo Emanuele Severino, che l'ha fatta un po' da padrone con i suoi profondi ragionamenti consequenziali. Da pensionato, non molto acculturato, sono riuscito però a capire il senso del pensiero filosofico del tema all'ordine del giorno; «Il Progresso e la Tecnica», che ci presentava il destino del mondo, dominato da immensi poteri come capitalismo, democrazia, religioni, statalismi, ciascuno dei quali si serve della «Tecnica» per raggiungere il proprio scopo, in conflitto con gli altri. La Tecnica però, che apparentemente è al servizio di quegli immani poteri, è diventata pure lei un grande potere allo scopo di poter aumentare all'ennesima potenza la possibilità di accrescere, con la conoscenza, la potenza dell'uomo. L'uso della "Tecnica", quindi, a disposizione dell'uomo, può impadronirsi dei grandi poteri che credono di servirsene: sta all'uomo limitarne i poteri, anche filosoficamente ed eticamente parlando. Il difficile rapporto tra progresso e tecnica viene, però, in qualche modo subìto da una parte della massa, come i lavoratori messi al bando dalle continue innovazioni tecnologiche, o i pensionati, sempre più lasciati ai margini dell'evoluzione tecnica e dell'apprendimento delle conoscenze più avanzate. Si tratta quindi di formulare delle possibilità su come costruire o riprogettare la vita attiva dell'anziano, nella quotidianità, con messaggi propositivi positivi tali da combatterne l'esclusione, l'isolamento, oltre che l'impoverimento. I pensionati non pretendono la ricchezza, ma una pensione dignitosa e la speranza di poter essere sostituiti da giovani con un relativo impegno ed un ruolo attivamente cercato nel lavoro. Spesso si contrappone a ciò il fantomatico egoismo dell'anziano, ma si tratta di teorie dettate da chi vuol fomentare uno scontro generazionale, forse per una corsa allo sfascio del sistema. Sarebbe invece il momento di sottolineare la generosità e l'altruismo dei cosiddetti «vecchi», verso figli e nipoti, dato che, spesso, sono proprio i genitori ed i nonni a privarsi di una parte della modesta pensione per aiutare i giovani congiunti a sopravvivere in un Paese che li emargina dal lavoro con le più varie forme di precariato. Al di là degli spunti filosofici, dunque, l'incontro di cui accennavo è stato un'occasione per riflettere su come noi anziani dobbiamo vivere per riallacciare la nostra esperienza passata con la trasformazione tecnica, cercando di mantenere la salute il più a lungo possibile, per cogliere tutte le opportunità che ci si presentano. La soglia della vecchiaia si è spostata in avanti di almeno vent'anni, e, d'altronde, noi sessantacinquenni possiamo dire di essere vecchi solo dal punto di vista burocrato-anagrafico; ma allora ci si chiede - cosa possiamo fare per restare in gioco e per metterci al riparo dal rischio della solitudine? Molti di noi, usciti dal mondo del lavoro, si sono organizzati in modi diversi rispetto al passato, per essere attivi nell'assistenza o nei servizi alla persona, mentre i più fortunati hanno potuto fruire delle opportunità che le comunità più avvedute hanno messo loro a disposizione, come i centri aperti con servizi dedicati. Quando però le amministrazioni comunali non sono sensibili a queste socializzazioni e non hanno praticato la via dell'aggregazione degli anziani, come a Manerbio dove vivo, ciò significa mettere le persone in condizione di esprimere la propria autonomia, progettando alternativamente il proprio tempo libero nel volontariato, al servizio della comunità, in modo che quel tempo non diventi vuoto e inutile, ma contribuisca alla ridefinizione dell'anziano-tipo. La vita attiva si costruisce nella quotidianità, non solo col prolungamento all'infinito della vita lavorativa, che ovviamente può rappresentare un aspetto anche importante, o piuttosto con la realizzazione personale attraverso attività coerenti con le potenzialità fisiche, mentali, sociali, condizionate anche dall'età, in un interessante ruolo partecipativo nella società, affinchè l'equazione: «anziano=risorsa» non rimanga un semplice slogan. Solo allora potremo superare quanto affermato dal Severino: «Un popolo vive in un sogno, se non sa in quale direzione sta andando il mondo».

Luigi Andoni
Manerbio

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