I treni veloci non si fermano ogni 60 chilometri

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Le polemiche e le discussioni intorno al percorso della TAV confermano l’arretratezza culturale, politica e amministrativa che ci contraddistingue. A proposito di questo specifico tema del primo dicembre 2006, tra l’altro, scrivevo: «Noi bresciani stiamo discutendo se i convogli debbano fermarsi a Brescia o a Montichiari non rendendosi conto che una linea ferroviaria progettata per l’alta velocità deve percorrere il tratto più breve e idoneo dal punto di vista tecnico e, per quanto riguarda il tratto Milano-Verona, senza nessuna fermata intermedia. In caso contrario, considerando gli spazi necessari per le due accelerazioni, quelli delle decelerazioni e il tempo di salita e discesa dei passeggeri, il convoglio si declassa agli attuali Eurostar e Intercity. Morale. Non si progetta una linea ferroviaria per far viaggiare i treni a 300 Km/h per poi fermarli ogni sessanta chilometri». Se queste erano motivazioni otto anni fa lo sono a maggior ragione attualmente in cui l’Italia e i suoi investimenti sotto osservazione da parte delle autorità europee. Come è noto la linea Lione, Torino, Milano, Verona, Mestre e Kiev venne concepita come linea di collegamento Ovest-Est a sud delle Alpi. Quale rischio può correre l’Italia snaturandola? Che l’Unione Europea ci revochi i finanziamenti previsti. Che l’Europa e la finanza internazionale decida di cambiare progetto e realizzare il collegamento Ovest-Est passando al Nord delle Alpi attraverso la Svizzera e l’Austria. Che impatto avrà sul traffico su rotaia l’apertura nel 2016 del più lungo tunnel ferroviario e del mondo 57 km e gioiello svizzero di ingegneria del Gottardo? Forse come bresciani dobbiamo interrogarci e constatare che l’ultima scelta con una lungimiranza europea è stata fatta quarant’anni fa con il teleriscaldamento. Poi il nulla o errori. Francesco Zanatta Quartiere Abba Brescia

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