I meriti delle monarchie europee

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Ho letto con curiosità l’articolo di Francesco Bonini sul «Giornale di Brescia» del 20 giugno. Da oltre 50 anni sono lettore del Suo Giornale e quasi sempre ho notato che gli articolisti ospitati hanno considerato i re come capi di Stato di serie B. L’abdicazione di re Juan Carlos era un’occasione per affermare almeno una volta il contrario. I 39 anni del suo regno sono stati soprattutto grazie a lui, i più liberi, democratici e prosperi della lunga storia di Spagna. Quanto sopra viene affermato su La Repubblica del 19 giugno in un lungo articolo del celebre scrittore Premio Nobel Mario Vargas Llosa che è un vero e proprio elogio al re Juan Carlos. Indubbiamente coadiuvato da altre forze politiche il Re di Spagna riuscì a trasformare un regime franchista in uno stato democratico (dove anche i repubblicani possono esprimere il loro parere) ben diverso dal modello autoritario che il Caudillo Francisco Franco voleva imporre dopo la sua morte. Tutto era stato preparato dal Caudillo affinché il regime franchista continuasse. Ciò non è avvenuto, senza alcuna lotta civile, grazie alle doti del Re ed alle capacità di trasformazioni insite nelle monarchie moderne. Continua l’articolista Vargas Llosa: «La monarchia è una delle poche istituzioni che garantiscono quell’unità nella diversità senza la quale rischiamo di assistere alla disintegrazione di una delle civiltà più antiche e influenti del mondo». Non ho capito cosa voglia dimostrare l’articolo di Francesco Bonini e soprattutto non ho compreso quale attinenza abbia con il recente avvento al trono di re Filippo VI. Mi consenta di aggiungere, rispettando al massimo chi la pensa diversamente e preferisce le repubbliche, l’osservazione che, oggi, in Europa i nove/dieci Paesi istituzionalmente monarchie sono tra i più liberi, democratici, moderni, civilmente, socialmente ed economicamente progrediti al mondo. In ciascuno di essi il re, o la regina, assolvono ai doveri di Capo dello Stato al di sopra dei partiti, e sono arbitro e moderatore - mai parte - nell’ambito delle politiche, di governo e di opposizione, che spettano esclusivamente a chi è stato votato dagli elettori. Essi incarnano il simbolo della storia e della identità dei loro popoli; rappresentano un punto di riferimento, di incontro e di coesione per la stragrande maggioranza dei cittadini e tra le generazioni, ancora più essenziale nei momenti di crisi e di difficoltà; e garantiscono, allo stesso tempo, che tali valori nazionali - la cui importanza penso sia intramontabile - si coniughino con la tutela e la promozione delle diversità, specificità, autonomie e diritti, regionali e locali, il cui migliore e più armonioso sviluppo è possibile proprio nel quadro istituzionale della Monarchia costituzionale. Siamo nel campo delle opinioni sulle forme statuali, ma è anche opportuno che si dia spazio sul Suo giornale anche a chi repubblicano non è. Possiamo già constatare, così conclude il citato Premio Nobel, come la divisione, l’astio,il fanatismo e la miopia politica abbiano già gettato i semi della frammentazione nei territori di molte repubbliche. Non poteva mancare la rituale ironia che da 50 anni compare sul Giornale di Brescia nei confronti di qualche anello debole della dinastia che ha regnato per quasi cent’anni in Italia. Ricordo che senza questa famiglia l’Italia non sarebbe mai stata unita ed indipendente . Se all’inizio del noto «ventennio» l’Italia è divenuta fascista non è certo colpa della monarchia, ma di quei deputati che hanno abbandonato il Parlamento all’indomani della marcia su Roma e soprattutto poi di quella maggioranza del popolo che ha visto nel governo di Benito Mussolini una garanzia di ordine e prosperità. O forse doveva l’esercito, su ordine del Re (rimasto senza Parlamento), sparare su migliaia di italiani? dr. Giovanni Soncini Brescia

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