Depotenziati gli uffici di controllo

AA

Scrivo al giornale in seguito alla nota vicenda di Barletta, la cittadina pugliese dove la scorsa settimana è crollata una palazzina, che ha provocato la morte di cinque persone, fra cui quattro donne, tutte lavoratrici irregolari. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al sindaco di Barletta dice che «l'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora, impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità». Le operaie decedute nel crollo lavoravano in nero senza contratto, e guadagnavano fra i tre e i quattro euro all'ora. Viene da chiedersi se stiamo parlando di un paese arretrato o di un tempo passato, invece siamo in Italia e siamo nel 2011, a Barletta dove non si raccolgono pomodori ma si cuciono vestiti. Una tragedia che chiede giustizia e che, come ribadisce ancora il Presidente della Repubblica, unica voce istituzionale intervenuta di fronte all'ennesima morte sul lavoro, mentre la politica era impegnata nel dibattito sulle escort di Berlusconi, deve essere invocato «l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e di vigilanza». Ora, come possiamo attuare il monito del Presidente? L'art. 41 della nostra Carta Costituzionale è chiaro nel descrivere che l'iniziativa economica privata è libera ma non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Una norma che il Governo e questa maggioranza parlamentare ritengono di cambiare perché delinea un modello economico «dirigista» che si scontra con le esigenze del mercato che la globalizzazione dei mercati impone; ciò che il nostro Premier definisce così: «Lasciateci le mani libere di fare». Invece questa tragica vicenda di Barletta dimostra proprio il contrario, e cioè che se ci fosse stato un controllo incisivo da parte dello Stato, forse tutto ciò non sarebbe successo e oggi quelle vite sarebbero salve. Possiamo certamente dire che l'art. 41 non è ancora un principio pienamente acquisito nel nostro Paese, e dunque come può impedire ed ostacolare la libera iniziativa economica se non viene rispettato? Infatti lavorare in nero in un sottoscala a quattro euro all'ora, reca certamente danno alla libertà di un lavoratore: qual è la scelta fra l'essere disoccupato o lavorare senza contratto per una misera paga? Qual è la dignità di un lavoratore che è costretto a stare chiuso in un sottoscala per non farsi vedere e non rischiare di perdere il lavoro? E a quale rischio per la salute e la sicurezza si sono esposte queste donne? Vorremmo capire a questo punto, se gestire un'azienda clandestina corrisponde alla piena realizzazione della libertà economica privata, oppure ad un illecito. Se vogliamo interrogarci sul perché i controlli dello Stato non ci sono o sono pochi è giusto spiegare che l'azione di prevenzione degli uffici preposti al controllo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, che sono l'Ispettorato del lavoro e lo Psal cioè l'ufficio della Medicina del lavoro dell'Asl, è stata depotenziata con una serie di normative emanate da questo Governo, atte a ridurre l'ambito di competenza e gli strumenti utili ad un'efficace azione di controllo; rimangono sempre bloccate le assunzioni di nuovo personale. L'Ispettorato del Lavoro di Brescia si deve ogni giorno confrontare con un territorio molto vasto che rende difficili e dispendiosi gli spostamenti e soprattutto con una concentrazione di piccole e medie aziende (circa 120.000) che non ha eguali nel resto del Paese. A tutto questo va aggiunto il terribile dato delle morti sul lavoro; la provincia di Brescia, con 17 morti, ha il triste primato nazionale. Tutto questo ricade sulle spalle di meno di 40 ispettori. La dotazione organica complessiva prevista, per l'ufficio di Brescia è di poco inferiore alle 200 unità, mentre il personale «effettivamente» in servizio non raggiunge le 90 unità. Vista la sproporzione tra il numero delle aziende e quello degli Ispettori l'impresa è titanica, ma gli indici di produttività, frutto soprattutto dell'impegno personale, sono tra i migliori d'Italia. Rimane poi il problema dei mezzi in dotazione agli Ispettori per effettuare le ispezioni: essi anticipano i costi del carburante e utilizzano auto proprie. Oggi non hanno nemmeno, nonostante la qualifica di ufficiali di polizia giudiziaria, la possibilità di parcheggiare, durante il servizio, le automobili nei parcheggi a pagamento. Il Ministero rimborsa il costo della benzina anche dopo mesi. Fannulloni o volontari? Gli ispettori del Lavoro sono costretti a lavorare in un ufficio, quello di via Aldo Moro a Brescia, nel quale non sono rispettate le più elementari norme sulla sicurezza (vie di fuga, strutture, barriere architettoniche); paradossalmente parliamo delle stesse norme in base alle quali, in caso di non applicazione, le aziende vengono sanzionate dagli Ispettori. Anche gli Ispettori dell'Asl a Brescia lavorano in un numero esiguo di operatori, che rappresentano un organico sotto dimensionato a fronte di una mole di lavoro molto grande, che non permette un controllo pienamente efficace del nostro territorio, data la densità di aziende e di cantieri edili presenti in tutta la provincia. È notizia di questi giorni che l'Asl ha modificato le tabelle chilometriche dei rimborsi sulla benzina abbassando le quote dei rimborsi. Paradossalmente il costo della benzina aumenta, l'inflazione pure ma l'ispettore dello Psal che esce per controllare un cantiere riceverà un rimborso inferiore, e dovrà sborsare di tasca sua la differenza. Come si può pensare di prevenire ancora altre morti sul lavoro, con una struttura pubblica che invece di rimproveri avrebbe bisogno di rinforzi di personale e di mezzi, e che se continua a funzionare lo deve alla professionalità ed al senso del dovere di questi ispettori che continuano a svolgere i compiti istituzionali che gli sono stati assegnati. Vorremo dire al ministro Sacconi che pensa solo a garantire l'eliminazione di «lacci e lacciuoli» a favore delle aziende, di occuparsi del suo ministero e dei suoi dipendenti, essenziali al funzionamento di uno stato civile basato su regole certe e conformi ai principi costituzionalmente garantiti.

Francesca Baruffaldi
Funzione Pubblica
Cgil Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia