Contraddizioni sul fronte del lavoro

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Se andassimo a cercare su Wikipedia la voce Italia, probabilmente sintetizzando le varie descrizioni trovate potrebbe uscire questa definizione: Paese con una grandissima tradizione storica, ricca d’arte, letteratura e poesia, terra baciata dal sole e dal vento. Pluralismi ideali per un ideologia di stato ideale, se non fosse che, come nei titoli di coda di un film troviamo: e dalle molteplici contraddizioni. A cominciare dall’art 1 della costituzione italiana «l’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro», articolo ben noto e sempre citato da politici e gente comune, che in pratica poco si fa per rendere concreto. Dobbiamo inoltre giungere ad un’altra amara constatazione, gli stipendi e le pensioni sono troppo bassi e il tasso di disoccupazione non diminuisce. Oltre la crisi scorgiamo un fenomeno ancor più preoccupante e desolante, l’esclusione dal mondo del lavoro di chi è maturo (over 40/50/60), nonostante sappiamo bene che sia a livello europeo sia nella legislazione italiana sarebbe fatto divieto «discriminare» intere fasce di età nell’accesso al lavoro. Ai sensi dell’art. 10 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276 è fatto divieto di indagare e quindi prendere in considerazione (oltre ad elementi quali affiliazioni politiche e sindacali, orientamenti sessuali, origine etnica, etc.) l’elemento età, tuttavia nello stesso articolo si legge: «A meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa». Inoltre all’articolo 2 della nuova manovra leggiamo di forti ed importanti bonus per le aziende che assumono giovani sotto i 35 anni e lavoratori di sesso femminile, in pratica si «legalizza» ed ufficializza questa brutta pratica di cercare «età massima 35 anni» ma anche di discriminare per sesso. E per chi resta fuori la ricollocazione è impossibile, solo il 4% degli over 50 riesce a ricollocarsi. Tanto varrebbe eliminarli questi incentivi ed educare il mercato del lavoro alla valorizzazione delle risorse umane e del potenziale presente in ognuno di noi attraverso la riscoperta della professionalità. 1,5 milioni di persone vivono drammaticamente la condizione di essere considerati «zavorra» dal modo del lavoro, troppo giovane per la pensione che oramai è vista come un miraggio, con l’arrivo verso la fine della vita lavorativa che si allontana sempre di più seguendo l’aspettativa di vita dell’uomo che fortunatamente si allunga anno dopo anno. Silvia Gilardoni Pilzone d’Iseo

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