Ambiente, amarlo prima che sia troppo tardi

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Quando ero ragazzo al «paesello» respiravamo l’aria piena di effluvi benefici che uscivano come nebbia fitta dalle industrie siderurgiche. A febbraio andavo sulle pendici di un monte ad ammirare la fioritura di leucojum vernum, di galanthus nivalis e di helleborus niger, ma un brutto giorno mi sono trovato una collina di rifiuti industriali che crebbe nel tempo e che rovinò irreparabilmente il bosco. Il nostro terreno, i nostri fiumi e torrenti sono sempre serviti da collettori generali di fogne, di scarichi domestici ed industriali e nell’aria fluttuano infinite sostanze di varia provenienza. Siamo cosi perseveranti ed ostinati nel produrre, consumare ed accumulare ricchezza che ci disinteressiamo completamente dell’ambiente da cui traiamo l’essenziale per vivere, incuranti del fatto che gli scarti tossici entrano sempre di più nella catena alimentare. Anche il mare è zeppo di rifiuti che finiscono sulle nostre tavole e nei nostri corpi. Siamo incapaci di comprendere che tutto ciò che gettiamo nell’ambiente, anche in maniera occulta, ritorna inevitabilmente ad intossicare il nostro organismo. Tutti infatti beviamo la stessa acqua, respiriamo la stessa aria, mangiamo prodotti della stessa terra, nessuno può sfuggire al disastro ambientale che noi stessi produciamo con più o meno inconsapevole autolesionismo. E non si tratta solo di prodotti industriali - radioattivi e non -, ma di sostanze che usiamo quotidianamente nelle pratiche domestiche, i farmaci, la chimica impiegata massivamente in agricoltura e in zootecnia. La discussione sullo smaltimento rifiuti si trascina da tempo immemorabile senza che mai si sia elaborata una strategia virtuosa a tutela degli abitanti del pianeta e/o di singole comunità, come la nostra. Le proposte e le conseguenti decisioni, immancabilmente comportanti elevati costi per la collettività, passano sempre sopra alle teste dei cittadini, a cui viene poi presentato il conto. I flussi economici vanno costantemente a vantaggio di monopoli che si occupano della gestione e smaltimento dei rifiuti. Nel frattempo assistiamo impotenti al dissennato consumo di territorio fertile anche in pregiudizio di numerose specie botaniche e zoologiche, estinte o destinate alla prossima estinzione. Basterà citare l’esempio della Brebemi, l’ultima ed inutile striscia d’asfalto che ha cancellato ettari di terreno pregiato, o l’autostrada della Valtrompia di prossima realizzazione che si deve fare ad ogni costo, benché il progetto sia ormai obsoleto e superato dai cambiamenti socio-economici intervenuti nel frattempo. E che dire del decreto «Sblocca Italia» che consente da un lato di bucherellare due regioni e una piattaforma vulcanica per recuperare un risibile quantitativo di petrolio e, per altro verso, di utilizzare al massimo gli inceneritori esistenti che offrono lauti guadagni a chi li gestisce ed indesiderate inalazioni aerosoliche alla popolazione limitrofa, oltre a meravigliosi tramonti chimici all’imbrunire. La verità è che siamo circondati da paradossi: l’Expo dovrebbe essere una passerella per l’approfondimento dei temi legati all’alimentazione e allo sviluppo di una agricoltura sostenibile in grado di provvedere al crescente incremento demografico ma, al contempo, ha cancellato anch’essa ettari di terreno agricolo sottraendoli alle colture. Se i modelli che ci vengono offerti dall’alto sono questi, le prospettive appaiono inquietanti. Ci sarebbe una grande necessità di un’informazione non manipolata e di una massiccia operazione educativa rivolta ai cittadini, a cui va spiegato che la qualità della vita non ha nulla a che vedere con un consumismo esasperato che viene imposto per la soddisfazione di interessi superiori. L’equazione benessere/consumi non può essere più riproposta all’infinito, in quanto le risorse non sono illimitate e quindi vi è bisogno che ciascuno di noi riduca le proprie esigenze mediante l’adozione di stili di vita più sobri ma non per questo meno gratificanti. Non è infatti più accettabile un modello economico ipertrofico, basato sul consumo e lo scarto dei prodotti e sullo stimolo all’accaparramento bulimico di beni inutili e, molto spesso, seriali. È più che mai attuale incentivare progetti educativi, sia a livello nazionale che locale, che promuovano il rispetto dell’ambiente cominciando dai piccoli gesti quotidiani, basati sull’idea del riutilizzo in alternativa «all’usa e getta». Inoltre appare necessario incentivare anche con gratificazioni economiche i comportamenti virtuosi e, al contempo, penalizzare chi danneggia l’ambiente. Che cosa aspettiamo? Principiis obsta: sero medicina paratur cum mala per longas convaluere moras. Tradotto: cittadino del mondo (e/o bresciano) non aspettare che i mali siano troppo gravi per intervenire. dott. Saulo Maffezzoni Brescia

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