Acquedotti: non più liberi di scegliere

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Dopo annunci roboanti seguiti da una lunga gestazione, lo scorso 12 settembre è stato pubblicato in gazzetta il cosiddetto decreto «Sblocca Italia». Tra le novità del provvedimento del Governo Renzi ce n’è però una che pesa come un macigno e potrebbe mettere la parola fine alle speranze camune di autogestire le proprie risorse idriche. Dietro la foglia di fico della mitigazione del dissesto idrogeologico (Capo III, art. 7) si nasconde infatti una profonda modifica della disciplina riguardante la gestione del bene acqua, arrivando ad imporre ai Comuni l’adesione obbligatoria (entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del DL) agli enti di governo dei rispettivi ambiti territoriali per il servizio idrico, chiarendo che se questi corrispondono con il territorio regionale (gli «ambiti unici»), qualora sia necessario per ragioni di efficienza, possono essere ripartiti un sub-ambiti, ma con dimensioni non inferiori a quelle delle province o delle città metropolitane. Il nuovo quadro normativo ribadisce il ruolo fondamentale dell’ente di governo dell’ambito che è chiamato a esercitare tutte le competenze sul servizio idrico (l’individuazione delle tariffe dal 2012 è di competenza dell’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico che ha elaborato un nuovo metodo tariffario definitivamente in vigore a partire dal 2014), comprese la programmazione delle infrastrutture strategiche e, soprattutto, la scelta della forma di gestione (affidamento in house, società mista con socio privato operativo o gara) disponendo però l’affidamento a un gestore unico di ambito che dovrà gestire il servizio idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale. La regolazione del rapporto tra l’ente di governo e il gestore è ricondotta poi a una convenzione predisposta sulla base dei disciplinari-tipo elaborati dall’Autorità per l’energia: questi modelli devono essere assunti a riferimento anche per i contratti di servizio eventualmente ricondotti a procedure di gara e per la revisione delle convenzioni relative alle gestioni in essere. Gli enti locali sono quindi stati definitivamente espropriati di qualsiasi potere decisionale in tema di servizio idrico Contro il provvedimento del governo si attende ora la doverosa ferma presa di posizione del PD camuno che sventolando demagogicamente la «bandiera dell’oro blu», nel recente passato ma anche nel presente, ha costruito sia campagne elettorali che improbabili accordi negli enti comprensoriali. Se il centrosinistra camuno fosse coerente ed avesse veramente a cuore l’interesse della Valcamonica, non esiterebbe un istante a sostenere la proposta di legge presentata dalla Lega Nord alla Camera dei deputati nel marzo 2014 e che vede come primo firmatario l’on. Caparini. Proposta di legge che, oltre a prevedere agevolazioni e una diversificazione della tariffa idrica per tutti i comuni facenti parte delle comunità montane, prevede un regime particolare per la gestione delle acque dei comuni, introducendo la facoltatività dell’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato da parte dei comuni fino a 3.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane (facoltatività che era peraltro già stata prevista per i comuni montani fino a 1.000 abitanti dall’articolo 148 del decreto legislativo n. 152 del 2006 - la cosiddetta «legge Caparini» - successivamente abrogato dai governi di centrosinistra). Severino Damiolini Segretario Sezione Lega Nord Capo di Ponte/Valsaviore

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