Garda

Lugana, «miracolo» al bicchiere nato mezzo secolo fa

Terre un tempo povere e acquitrinose oggi danno i natali ad un vino da 17 milioni di bottiglie
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Quella terra di Lugana, acquitrinosa e con la resa agraria peggiore della Provincia, non la voleva proprio nessuno: parola di Michele Vescia. Quel melmoso acquitrino è diventato un territorio benedetto dove è sbocciato il «caso Lugana». Una Lugana che oggi spegne le sue prime 50 candeline a contare dal Dpr 21 luglio 1967 che le ha assegnato la Doc. 

Nel 1967 la storia che è seguita era difficile da immaginare. Fino al 1.400 nella Lugana c’era una selva fittissima, che tra l’altro non è stata bonificata per fini agricoli, ma per realizzare il bieco intento di allagare Mantova deviando il Mincio (andò buca). Poi si è prelevato legname per la navigazione sul Garda e per fortificare Peschiera. Ed ecco la Lugana buona solo per qualche pianta di vite. Per la verità qualche vite c’era perché alle monache di Santa Giulia serviva il vino per la Messa. La vite l’avevano portata gli etruschi, Catullo se l’è trovata già sul posto e si è goduto il vino Retico.

Non era in ogni caso un bel posto per fare investimenti e questo fino quasi all’alba del terzo millennio. Oggi la Lugana ha 2.000 ettari a vite e cresce di 200 ettari vitati l’anno avviandosi vero i 3mila ettari e 30 milioni di bottiglie (oggi è a metà strada, 17 milioni di bottiglie vendute). Ma soprattutto c’è la coda di quelli che vogliono comperare terreno in zona. Quel melmoso acquitrino è diventato un’area che deve scusarsi con gli intenditori (soprattutto americani) che chiedono bottiglie un po’ più affinate, di almeno 5 anni. Il Lugana di oggi, i cinque anni li raggiunge alla grande, ma il presidente deve allargare le braccia: non ne abbiamo perché lo abbiamo venduto già tutto. Il primo gennaio di ogni anno la giacenza media in cantina è dell’8%.

E dire che qualche fortuna alla Lugana lo ha portato durante il ventennio il «torbiolino», cioè il Lugana del tempo che in primavera rifermentava diventando frizzante e torbido.
Così oggi il nostro Lugana (figlio irriconoscibile di quella storia) celebra i primi 50 anni. La Doc è stata sancita dal Dpr 21 luglio 1967: il decreto riconosce la Doc al Lugana e ad un tempo ai nostri Franciacorta (al tempo quasi tutto rosso) e Riviera del Garda Bresciano. Compiono anche loro 50 anni.

Il Consorzio, oggi presieduto da Luca Formentini, ha messo in campo una serie di iniziative celebrative per ringraziare i suoi grandi vecchi, ma soprattutto per chiedersi se il «caso Lugana» sia una bolla di sapone o abbia un futuro assicurato. Numeri alla mano, il direttore Carlo Veronese dice di no, che non è una moda, non un fenomeno di marketing, perché le scelte operate in questi anni sono state guidate da sano buon senso. Ne citiamo una per tutte.

A cavallo del 2000 la Lugana aveva solo 600 ettari a vite, ma la poca uva che produceva faceva fatica a venderla. Con una mossa decisiva il Consorzio ha fatto sparire dal mercato 10mila quintali di uva l’anno per non far cadere il prezzo.
Diventava anonimo vino da tavola. Poi è partita la caccia alla qualità: i produttori sono stati messi muso a muso con i grandi bianchi del mondo. Hanno scoperto di avere molta strada da fare e l’hanno fatta, pure in fretta. Il resto è storia. 

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