Economia

I clienti ci sono, mancano solo gli scontrini

Controlli della Guardia di Finanza tra il 20 e il 23 novembre tra città e provincia: un terzo degli esercizi è irregolare
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Non fa onore la pagella di Brescia in tema di evasione fiscale. La Leonessa è rimandata in diverse materie. A partire dagli scontrini fiscali: dall’inizio del 2014 a oggi la Guardia di finanza ha fatto controlli su 3.880 esercizi commerciali e di questi 1.069 non erano a norma. Trentasei, addirittura, si sono visti imporre la chiusura per un minimo di tre giorni in seguito a violazioni ripetute per più di quattro volte.

Operazione formato XL nei giorni tra il 20 e il 23 novembre, che ha coinvolto i comuni di Brescia, Rezzato, Mazzano, Castenedolo, Nuvolera, Nuvolento, Borgosatollo, Paitone, Cellatica e Gussago, sia durante la mattinata sia nelle fasce orarie pomeridiane e serali, e ha riguardato un’ampia e diversificata platea di esercizi e servizi commerciali tenuti all’obbligo dello scontrino e della ricevuta fiscale. L’esito: ventitré violazioni per mancata emissione di scontrino o ricevuta su novanta esercizi controllati. Insomma, in linea con l’andamento annuale, circa un terzo dei punti vendita non rispettano le regole.

Ma la cattiva condotta non riguarda solo scontrini e ricevute: sono ben trentatré i bresciani finiti sotto il mirino della Guardia di finanza, attivi in nove aziende edili dell’ovest bresciano. Per nove di loro è scattata la denuncia. Quattro aziende di Chiari, ditte di Capriolo, Castegnato, Coccaglio, Palazzolo e Pratico. Le indagini, partite dalla questura di Milano, hanno già portato alla confisca di beni mobili e immobili, conti correnti e quote azionarie. Tra i beni non dichiarati c’era un po’ di tutto: case di lusso, macchine costose, autorimesse e perfino una barca, ormeggiata sul lago di Garda. Secondo la Guardia di finanza, il danno complessivo allo Stato sarebbe ben oltre i trentuno milioni di euro, di cui una ventina derivanti da evasioni sull’Iva, fatturazioni e crediti d’imposta fasulli.

Infine il delicato capitolo pos, che la scorsa estate ha scaldato, sicuramente più del sole, esercenti, cittadini e rispettive associazioni di categoria. Gli esercizi commerciali sono tenuti, dal primo luglio 2014, a dare la possibilità di pagare con bancomat e carta di credito. Ma solo per i pagamenti superiori ai trenta euro e solo se, nell’anno precedente, hanno avuto un fatturato superiore ai duecentomila euro. Senza, tuttavia, alcuna sanzione per chi non rispetta l’obbligo. Da un lato gli esercenti hanno storto il naso sia per la mancata sanzione in caso di inadempienza sia per il costo (si stima 1.200 euro all’anno) per munirsi del pos. Dall’altro, gli istituti a tutela dei consumatori hanno iniziato a temere rincari sui prezzi messi in atto dai commercianti per ammortizzare i costi aggiuntivi dei pagamenti elettronici. Tuttavia, passata l’estate passata la polemica, anche perché, nei fatti, nulla è cambiato.

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