Economia

«Ho 51 anni. La mia storia di discriminato per l’età»

«Non trovo lavoro». Renato Falzani si racconta e lancia un sito. Obiettivo: una petizione al Parlamento
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Storie di vita. Anche di vite che si reincontrano. Renato Falzani fino al 2006 gestiva un bar in via Solferino. Buongiorno e buonasera, come capita fra cliente e barista. Poi più nulla. Nuova gestione.

Ci si rivede in questi giorni. Viene al giornale a raccontare una storia, la sua storia.

Renato ha 51 anni, è un signore che si presenta bene, parla a modo, ha un bel tono di voce. E’ uno che ha girato il mondo per lavoro. E il suo lavoro è, in senso ampio, la ristorazione. Parrebbe un settore che, pur in momenti complicati, potrebbe offrire lavoro, soprattuto a chi ha esperienza. In fondo siamo pur sempre fra le prime 10 province turistiche italiane, quindi di un Paese che è terzo-quarto nella capacità di attrarre turisti.

Ma Renato ha un problema: ha 51 anni. Meglio: è un problema che si trascina da qualche anno se - come racconta lui - «questo oggi è un mondo che ti trova vecchio a 40 anni, perchè già a quell’età - come scrive anche sul suo blog - ti considerano vecchio, improduttivo ed esteticamente non invitante».

Renato sa di cosa parla. Un po’ perchè sa degli esiti (negativi) dopo aver sostenuto decine e decine di colloqui, un po’ perchè sa degli esiti (sempre negativi) delle centinaia di curricula spedite ad altrettante aziende, ma - e soprattutto - perchè ha un passato da imprenditore in una società di selezione del personale in particolare di personale per l’hotellerie. «A mio modo anch’io selezionavo alcuni e de-selezionavo altri. E mi aveva sempre colpito - racconta - l’esigenza delle aziende che chiedevano under-40, ma meglio under-30». L’azienda di selezione fu chiusa, Renato Falzani tenta il reinserimento da dipendente. Con esiti, come detto, disastrosi. C’è il macigno dell’età, «ma era così anche qualche anno fa, appena passati i 40». Non c’è lavoro, meglio: non ci sono opportunità per chi ha passato una certa soglia d’età.

Ovviamente, tutto si inquadra dentro la crisi generale. Ma ci sono leggi che agevolano (il pur modesto lavoro) per i giovani, ma nulla c’è per chi ha qualche anno in più. Più in generale - commenta Renato sul suo blog - c’è però una politica delle aziende «perlomeno distratta. Continuano a pensare che un cinquantenne sia in stato di degrado fisico e psicologico, non considerano che, invece, negli anni anche i cinquantenni si tengono meglio, molto meglio di un tempo; considerano poco e male il dato della esperienza; trascurano il fatto che, ad una certa età, gli obblighi della vita sono stati in qualche modo assolti e quindi nel lavoro i 40-50.enni possono mettere più impegno». Niente. Il deserto.

E, più in generale ancora, la politica non considera l’elemento di equilibrio (o di disequilibrio) che un padre senza lavoro può avere sulla famiglia.

Da qui, l’idea di far qualcosa. Renato ha costruito un sito-blog (www.hotelristocaf.it) col quale ha già raccolto mille firme per sostenere una petizione al Parlamento che vieti la discriminazione per l’età in sede di assunzione. Naturalmente le aziende troveranno una possibile scappatoia, ma - almeno formalmente - esattamente come sono vietati annunci che discriminano sul sesso questo dovrebbe valere anche per l’età.

In tempi di rottamazione imperante e di crisi devastante, si intuisce che la battaglia di Renato non sarà facile. Ma, ad evitare che quest’idea lo faccia passare per un inguaribile visionario, va ricordato che gli Stati Uniti dal 1967 hanno l’Employment Act (a proposito: oggi torna al Senato il Jobs Act, sarebbe l’occasione), la Gran Bretagna ha una cosa analoga da quasi dieci anni e la stessa UE vieta (vieterebbe) discriminazione anagrafiche nel mercato del lavoro. Insomma: qualcosa c’è in giro. Con un po’ di firme magari ce la facciamo anche in Italia. 

Gianni Bonfadini

g.bonfadini@giornaledibrescia.it

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