Cultura

Il «generale» Rubini guida i Passi nella neve

Sergio Rubini ha aperto sabato mattina a Ponte di Legno il festival «Passi nella neve» leggendo il testo che Carla Bino ha ricavato dal libro «La 5.a divisione alpina sul fronte di Valcamonica». Il volume riproduce il «Diario critico di guerra» che il generale Giulio Douhet scrisse nel 1915, mentre era capo di Stato Maggiore nel Comando della quinta divisione al Tonale.
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Sergio Rubini ha aperto sabato mattina a Ponte di Legno il festival «Passi nella neve» leggendo il testo che Carla Bino ha ricavato dal libro «La 5.a divisione alpina sul fronte di Valcamonica». Il volume riproduce il «Diario critico di guerra» che il generale Giulio Douhet scrisse nel 1915, mentre era capo di Stato Maggiore nel Comando della quinta divisione al Tonale.

Per ascoltare la lettura di Rubini il pubblico è salito fino al cimitero alpino della Malga Serodine di Fuori, sopra il Passo del Tonale, con una vista spettacolare sull’arco di montagne che va da Cima Busazza a Cima Salimmo. Spettatori purtroppo non numerosi - non più di 200 - a causa probabilmente del maltempo che ha imperversato durante la notte. Eppure, il cielo nuvoloso e il crescente vento hanno prodotto la scenografia più intonata alle parole: un’invettiva scandita con cupa indignazione che Rubini ha affrontato con la giusta misura, riuscendo a contenere l’enfasi e a conferire secca drammaticità a un testo non facile da interpretare.

Accanto a Rubini, Emanuele Maniscalco ha creato con percussioni, harmonium e vibrafono un tessuto musicale discreto e frammentato. L’attore ha ben restituito l’avvilimento del generale di fronte alla «deficienza di mezzi materiali». Rubini-Douhet ha descritto con sarcasmo amaro il comandante del suo settore, un perfetto «generale del tempo di pace», capace soprattutto di ossequiare i superiori. Poi meditando sulle «migliaia di vittime che si dovranno non all’azione nemica ma alla incoscienza nostra». Il pubblico ha sorriso quando l’attore ha raccontato la «guerra fatta con la carta» ad opera della burocrazia militare; e ha applaudito quando il generale annotava che i soldati, in gran parte giovani e impreparati, «fortunatamente sono italiani e quindi fanno bene anche ciò che non sanno fare».

Rubini ha fatto una lunga pausa emozionata prima delle ultime considerazioni, prima di lasciare il palco guadagnando un meritato applauso.
 

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