Cultura

Mengoni, Re (Matto) del palcoscenico

Che fosse bello e che fosse un idolo per molte adolescenti era ovvio. Che fosse anche dotato di una voce e una capacità di tenere il palco da far schiattare d’invidia artisti ben più navigati, Marco Mengoni l’ha dimostrato sabato sera al Palageorge di Montichiari dinanzi a oltre 2mila fan.
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Che fosse bello e che fosse un idolo per molte adolescenti era ovvio. Che fosse anche dotato di una voce e una capacità di tenere il palco da far schiattare d’invidia artisti ben più navigati, Marco Mengoni l’ha dimostrato sabato sera al Palageorge di Montichiari dinanzi a oltre 2mila fan.

L’esibizione si apre con «Stanco (Deeper Inside)», brano che aveva accompagnato il flash mob pomeridiano pre-concerto, cui segue la prima cover, «Paralyzer» dei Finger Eleven e così avanti, fra canzoni proprie e tributi. Il re matto snocciola dai suoi due ep «Dove si vola», «In viaggio verso me», «In un giorno qualunque», «Questa notte», «La guerra», «Credimi ancora» e «Fino a ieri», melodia che plana su una versione riarrangiata e personale di «Cosmic girl» di Jamiroquai, «un artista che adoro», rivela Mengoni. Sono le cover a farla da padrone nella scaletta, a tratti semi irriconoscibili per l’elevato grado di rivisitazione, come la parafrasi «reggae-rock» di «Live and let die» di Paul McCartney, cui fanno eco «Helter Skelter» dei Beatles, i Talking Heads di «Psycho Killer», «See me and feel me» (The Who), «Mad World» dei Tears for Fears ma più alla stregua di Gary Jules, fino a Mina, Mia Martini e Lucio Battisti.

La maturità interpretativa ed eclettica del vincitore di X Factor lascia pressoché increduli se si pensa che a esibirsi è un cantautore esordiente: Mengoni non difetta di nulla, certo non di tecnica vocale, non di presenza scenica, dà prova di essere abile nella danza e, benché circondato da due ballerini professionisti e da una schiera di musicisti e coristi, di saper bucare e conservare il centro della scena.

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