Cultura

Afterhours: «Festeggiamo un successo lungo 17 anni»

La band di Manuel Agnelli porta in piazza Loggia la versione remastered dell’album simbolo «Hai paura del buio?»
AA

Torna, a 17 anni dall’uscita, in versione Remastered and Reloaded «Hai paura del buio?» degli Afterhours, ieri in piazza Loggia.

Un’operazione cui hanno collaborato in studio diversi artisti di spicco della musica italiana e internazionale e che consacra una carriera quasi trentennale per la band capitanata da Manuel Agnelli. Storia in virtù della quale «non è sempre facile trovare nuove ispirazioni, sia per i testi che per i suoni - assicura il batterista Giorgio Prette -, soprattutto non dopo un album come Padania che secondo noi è un sigillo, è il disco perfetto».

Giorgio, chi erano gli Afterhours ai tempi di «Hai paura del buio?»

Con le dovute differenze di età, grossomodo le stesse persone di oggi. Diciamo che eravamo freschi trentenni che con quel disco sono riusciti a fare il salto del fosso, uscendo dalla dimensione in cui fai musica sul serio già da anni pur non riuscendo a viverci per passare all’universo in cui invece di musica vivi. Poteva andare male, ma anche se fosse durato lo spazio di un paio d’anni almeno avremmo potuto dire di aver avuto la possibilità di giocarcela, non a tutti concessa.

Non temete che riproporre un lavoro del 1997 vi esponga al rischio di essere tacciati di mancanza di nuove idee?

Parto da un presupposto: attraverso la rete è impossibile non ricevere qualche tipo di critica. Tutto sta nella distinzione tra quelle campate in aria e i punti di vista con una loro argomentazione. In realtà siamo molto sereni, perché i peggiori critici degli Afterhours sono proprio gli Afterhours: facciamo ciò in cui crediamo, e dunque non ci spostano più di tanto le polemiche sterili. Abbiamo semplicemente deciso di festeggiare «Hai paura del buio?» per i riconoscimenti che ha ricevuto (ha vinto il referendum indetto tra una giuria di giornalisti dal Mei come miglior album indipendente degli ultimi 20 anni e un sondaggio di preferenza tra il pubblico del sito rockit.it sugli album italiani degli ultimi 15 anni, ndr). E anche per togliercelo definitivamente dalle scatole, visto che viene sempre assurto a metro di paragone.

In effetti è un disco che ha ricevuto molti consensi, nonostante non sia né facile né immediatamente digeribile...

È vero, noi stessi siamo orgogliosamente stupiti da tutto questo consenso, ch’è poi l’elemento che ci ha spinto a celebrarlo. Altrettanto, ci ha aperto il cuore vedere il consenso e la risposta degli ospiti che abbiamo invitato a partecipare, e parliamo di personaggi globalmente più famosi di noi, con una storia più lunga ben incisa nella musica italiana. Penso a Bennato, Finardi o Pelù per l’Italia e, sulla scena internazionale, a Lanegan o altri stranieri che si sono messi in discussione cantando in italiano, addirittura insistendo per farlo.

Quanto alla scaletta?

Ricalca esattamente quella del tour di primavera, pari arrangiamenti e medesimi suoni. Si tratta di uno spettacolo con un carattere molto teatrale, e piuttosto particolare visto che non verrà mai più ripetuto in questa forma. In fin dei conti non parliamo di un live puro, ma della successione di tracce di un disco che ovviamente segue criteri diversi da quelli della stesura di una scaletta vera e propria. La serata è divisa in tre «atti»: il principale seguito da ulteriori due, diciamo i «bis», il primo dedicato all’attualità, ossia a «Padania», e il secondo che sarà invece una sorta di greatest hits. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia