IL COMMENTO di Tonino Zana: «Caro sindaco, siamo uguali davanti alla mensa...»
Caro sindaco, chiudiamola. Siamo in tempo a ordinarci un silenzio stampa, altrimenti corriamo il rischio di essere letti, dai conterranei e dai connazionali, per quello che non siamo. Non siamo e non vogliamo essere egoisti, non siamo e non vogliamo essere razzisti.
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All'inizio della questione, caro sindaco, abbiamo letto con qualche imbarazzata ammirazione la sua severità amministrativa. Spesso c'è un «andazzo» sui conti ed è vero, anche se i conti in rosso a causa del bisogno, hanno sempre rappresentato un problema delicato, non risolvibile con un ordine. Di solito si risolve nella discrezione, nel silenzio, con soverchianti dosi di buon senso e carità. Per non creare vergogna a nessuno, per far sentire tutti a casa propria, perchè i ragazzi, tra loro, continuino a sentirsi amici e sulla strada dell'amicizia. Sono preoccupato, e lei lo dovrebbe essere con me, caro sindaco, per queste continue spinte ai ragazzi della mensa e della non mensa. I ragazzi vanno lasciati in pace. Chi non paga e può pagare sta a casa, ma chi non può pagare, viva il cielo, ringrazi quell'anonimo benefattore al quale non possiamo chiedere di essere anche afasico, senza parole.
Cosa avrebbe detto, insomma, di così tragicamente offensivo? Sindaco, mi creda, le parole del benefattore sono state di passione, non di sgarbo. Avrebbe potuto scrivere senza pagare. Non s'è pagato il teatro. Siamo così di passaggio e così carichi di miserie, come riusciamo a non essere unanimi di fronte a carità indispensabili per non patire rimorsi?
Tutti possiamo sbagliare, ma nessuno si deve comportare come fosse sindaco a vita, come avesse ragione per aver vinto. Mi riferisco a chi pretende di barricarsi su una ragione piuttosto che sciogliere le trincee. Si ha qualche ragione quando ogni giorno si governano sintesi e mediazioni delle ragioni e dei sentimenti degli uni e degli altri. Non quando si apre una crociata convinti che Dio è con noi e così il popolo. Dio ha altro da fare e il popolo è mobile.
Torni ad essere il sindaco che ho visto alla cascina Clarabella, innamorato di chi ha bisogno e non si impunti per aver trovato sulla sua strada una bella generosità. E non istruisca una pratica di istigazione culturale, quando afferma l'assurdità che chi ha pagato fino ad oggi potrebbe anche non pagare, visto che qualcuno, non potendo tirare fuori i soldi della mensa, se l'è cavata con una donazione. Guardi che non è bello entrare in mensa con un ticket pagato dagli altri. Guardi che i più anziani dei nostri paesi lo sanno che ricevere, spesso, è peggio che donare e donare è un privilegio per cui il benefattore dovrà ringraziare gli 11, 12 ragazzi che gli hanno permesso questa generosità. E dovrà ringraziare anche lei e la sua Giunta che gli hanno consentito di esserci e di dare.
Quello che si tace, mi creda, lei lo sa bene, sindaco per la seconda volta, non è che non sia accaduto, è stato patito e risolto nelle stanze dovute, sui tavoli dei rappresentanti del paese, con il sindaco, il sacerdote, il genitore, il preside, il saggio di minoranza e il saggio di maggioranza, la donna e l'uomo dell'associazione. Siamo uguali davanti alla mensa proprio per la ragione che siamo differenti e chi ci governa, nel corpo e nello spirito provvede ad allineare le nostre differenze. La mensa della vita è questa, nient'altro che questa.
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