Rischio idrogeologico: ci sono le mappe, ma non i fondi

Cementificazione, incuria e abbandono mettono a rischio il nostro territorio: i fondi per intervenire scarseggiano
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Frane in montagna ed esondazioni in pianura. Il dissesto idrogeologico nella nostra provincia costituisce un potenziale pericolo per quasi 400mila bresciani. A certificarlo è l'Ispra, l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha reso disponibili sul sito dell'Istat una serie di mappe interattive, in cui per ogni comune vengono presi in considerazione 140 indicatori, fino a stabilire il grado di vulnerabilità del territorio.

Cementificazione, incuria e abbandono sono le cause principali dei guai con cui i bresciani sono costretti a fare i conti praticamente ogni anno in concomitanza con violente ondate di maltempo o con la piena dei fiumi. E a risultare più fragili sono la Vallecamonica e il Garda. L'acqua infatti minaccia 307mila bresciani, mentre rocce e pietrisco mettono a repentaglio quasi 90mila persone, 5 mila di queste con un grado molto elevato di rischio.
 

 

 


Consultando nel dettaglio le mappe si vede come i comuni con la percentuale più alta di territorio problematico in Valcamonica siano Gianico, Darfo, Pian Camuno e Artogne, mentre tra quelli lacustri Moniga, Manerba, San Felice e Padenghe siano quelli in cui più concretamente l'acqua costituisce una minaccia. 

Mappe e indicatori che ribadiscono l'urgenza di interventi troppo a lungo rimandati, ma che devono fare i conti con risorse sempre più esigue da destinare al risanamento del territorio o alla sua messa in sicurezza. Quattro milioni di euro la cifra stanziata solo poche settimane fa dalla Regione per il rischio idrogeologico in Lombardia, in attesa dello sblocco di fondi statali. Risorse che tuttavia basteranno solo per i lavori più urgenti, individuati nella nostra provincia a Cerveno e ad Artogne. 

 

 

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