Storie

Xalapa, in classe con Roberto

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Ci puoi passare anche solo per bere un caffè o guardare l’ultimo programma lanciato in tv. Casa Italia è una casa aperta. Si trova a Xalapa, città dello stato di Veracruz, in Messico. Una fetta di terra lunga e stretta che si affaccia sull’Atlantico. Lì, a insegnare lingua, storia e cultura italiana c’è Roberto Ferrari, 37 anni, cresciuto a Pisogne per diventare cittadino del mondo. Parte della «generazione Erasmus», inizia il suo viaggio da Pamplona, per studio. La Spagna resta nel cuore, è il ponte per l’America Latina. Dopo Barcellona, la prima tappa è il Perù. Bisogna tornare indietro di una decina d’anni: dopo la laurea in Scienze Politiche, Roberto inizia a lavorare, soprattutto a risparmiare per finanziare il suo domani. «Ho sempre avuto spirito d’avventura con la voglia di costruire qualcosa - racconta -. Volevo essere in prima linea e non la ruota di un mondo fermo, come era ed è l’Italia».

 

 

Per un anno e mezzo fa il volontario in Perù per l’Ong fondata da Vittoria Salvi che offre aiuto a bambine lavoratrici, dando loro assistenza, accoglienza e istruzione. Finisce l’autofinanziamento, Roberto torna a casa, ma resta poco. Il liceo Golgi, che ospita studenti in arrivo dal Messico, gli apre la strada per Veracruz. «All’inizio sono partito per formare sul posto i ragazzi in arrivo in Valle Camonica. Là ho conosciuto Mauro De Rosa, con cui oggi co-dirigo Casa Italia». La scuola ospita in media una cinquantina di alunni, gente pronta ad attraversare il mare per studiare nel Belpaese, non solo lingua o arte, ma anche ingegneria o architettura, fino alla gastronomia. La scuola crea così classi ad hoc in cui si privilegia l’uso e la pratica dell’italiano. «Almeno una volta all’anno - racconta Roberto - istituiamo la settimana italo-messicana, ospitando artisti italiani.

Dall’opera alla Formula 1, dal Milan e Laura Pausini, l’Italia ha sempre un buon motivo per piacere e l’italiano è considerato un po’ il cugino simpatico, è latino ma non conquistatore». E di motivi per star bene in Messico ce ne sono: «Gente aperta, tranquilla, che ti dà fiducia e ti tratta. Qui ho trovato l’amore e adoro il paesaggio e l’archeologia». Come quella di casa, delle incisioni camune. «Se uno non sa dove viene non riesce a capire dove va», dice Roberto, che dissemina pitoti sulla spiagge messicane. Non a caso tra i momenti più intensi della sua vita laggiù c’è la salita sulla piramide del sole di Teotihuacan, dove «si sta schiacciati tra la gente, si sta nel passato ma si sente l’energia del presente. Il Messico sa trascinarti in una dimensione extrareale». Roberto torna a Brescia - meglio, in valle - almeno un mese ogni anno, «un periodo necessario» ammette ridendo. La mancanza della famiglia si fa sentire, così come quella del freddo e (capita) dei formaggi. Il richiamo del mondo, però, almeno per ora vince ancora.

Giovanna Zenti

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