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Pontoglio, Comune a prefetto: «I cartelli restano lì»

Dopo un mese arriva la risposta del sindaco al prefetto, che aveva sottolineato come i cartelli violassero il Codice della strada
Cartelli di Pontoglio
Cartelli di Pontoglio
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C’è voluto un mese, ma alla fine la risposta del sindaco di Pontoglio Alessandro Seghezzi al prefetto è arrivata. I cartelli «della discordia» restano al loro posto.
È in sintesi questo il contenuto della missiva che il primo cittadino ha spedito all’Ufficio territoriale del Governo, in risposta ai dubbi sollevati dal prefetto Valerio Valenti sulla regolarità della cartellonistica collocata dalla Giunta pontogliese, che invita all’allontanamento quanti non intendessero rispettare la cultura e le tradizioni locali.

Sarebbe quest’aspetto a violare, secondo Valenti, l’articolo 39 del Codice della strada, che definisce le caratteristiche della segnaletica stradale: limitarsi cioè a fornire agli utenti «informazioni necessarie o utili per la guida e per l’individuazione di località, itinerari, servizi, e impianti».

Nel richiamare l’attenzione del sindaco al corretto impiego dei segnali stradali, il prefetto invitava l’Amministrazione «a porre in essere le conseguenti iniziative». Cioè a togliere i cartelli.

Per rispondere al prefetto il sindaco Seghezzi si è premurato di chiedere un parere al capo area della Polizia locale di Pontoglio, il vicecommissario Mauro Pedone, secondo cui la frase relativa all’allontanamento di chi non rispetta le tradizioni locali è solo un invito, non è un precetto, né un obbligo, né un divieto.

È quindi nata una disquisizione sulla differenza tra cartellonistica di colore bianco e marrone. A norma del Codice della strada sono illegali cartelli quali «Benvenuti», «Arrivederci», indicazioni quali «Città del vino», gemellaggi o similari. I cartelli di colore marrone sono quelli che descrivono il territorio, ragion per cui, secondo il vicecommissario Pedone, quelli utilizzati dalla giunta Seghezzi rientrano in una «casistica accettabile». Di qui la posizione del Comune: le insegne restano dove sono.

Basterà a convincere il prefetto? Difficile dirlo, l’impressione, però, è che la vicenda non sia vicina a una soluzione.

 

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